La minoranza sparisce: manca in un Comune su 4

ELEZIONI. Negli ultimi 5 anni 58 paesi sono andati alle urne con lista unica: il trend con questa tornata è in aumento, non solo nelle piccole realtà.

Cinquantotto. Sono i Comuni bergamaschi che negli ultimi cinque anni, dal 2019 al 2023, sono andati al voto con un solo candidato sindaco e una singola lista per il municipio, e nei quali dunque oggi non è presente – in teoria – una minoranza consiliare: raggiunto il quorum, il Consiglio comunale è stato «riempito» interamente dai componenti dell’unico gruppo che si era presentato. «In teoria», perché nella pratica quel singolo gruppo può essersi poi negli anni diviso per ragioni interne, andando a formare un’opposizione: è quanto accaduto di recente, per esempio, di Castione della Presolana.

Tolte le eccezioni del caso, comunque, si può dire che oggi in Bergamasca quasi un Comune su quattro non vede sedersi tra i banchi una minoranza consiliare. Questo non implica affatto un’automatica mancanza di confronto e dibattito, che possono avvenire (e non di rado avvengono in modo anche assai vivace) pure all’interno di uno stesso gruppo. Ma di certo viene meno una componente fondamentale del funzionamento dei municipi per come li conosciamo.

Il «verdetto» del 10 giugno

E il dato potrebbe presto aumentare: alle importanti elezioni in programma tra una settimana, infatti, 46 paesi della nostra provincia vedranno in corsa una sola lista. Cinque anni fa erano quaranta. Dunque, potenzialmente, da lunedì 10 giugno i municipi con la sola maggioranza potrebbero essere complessivamente sei in più (sempre che non intervengano commissariamenti per mancato raggiungimento del quorum: questo lo si saprà solo dopo il voto).

La tendenza rientra nel calo delle candidature che si è visto in questi anni. Nel 2014, gli aspiranti primi cittadini in Bergamasca erano 414, per 172 paesi, di cui solo 26 vedevano in corsa un unico candidato. E non erano rare le situazioni in cui si presentavano quattro, o anche cinque liste. Oggi ci si avvicina a un voto che vedrà in lizza 323 candidati sindaci, per 164 Comuni: una novantina di concorrenti in meno rispetto a dieci anni fa, e quasi il doppio di «monolista».

L’analisi

Per alcuni paesi la lista unica è diventata praticamente un’abitudine: sempre per limitarci agli ultimi dieci anni, Gaverina, Isola di Fondra, Lenna, Olmo al Brembo, Songavazzo, Spinone e Torre de’ Roveri hanno avuto un solo candidato nel 2014, nel 2019, e lo hanno pure per la tornata ormai imminente.

La tendenza si fa notare soprattutto nei Comuni piccoli e montani, ma non è certo un’esclusiva: al voto di giugno, per dire, si aprirà la sfida con il quorum anche ad Almenno San Bartolomeo, Villa d’Almè, Pedrengo, Telgate e Brembate

Nel 2014, gli aspiranti primi cittadini in Bergamasca erano 414, per 172 paesi, di cui solo 26 vedevano in corsa un unico candidato. E non erano rare le situazioni in cui si presentavano quattro, o anche cinque liste. Oggi ci si avvicina a un voto che vedrà in lizza 323 candidati sindaci, per 164 Comuni: una novantina di concorrenti in meno rispetto a dieci anni fa, e quasi il doppio di «monolista»

Va sottolineato che la condizione di «monolista» è tutt’altro che irreversibile: circa la metà dei Comuni che cinque anni fa avevano una sola compagine in corsa, oggi ne vedono spuntare almeno due, quando non tre, come nel caso di Pognano, Fara d’Adda e Sant’Omobono Terme. Gli ultimi due sono peraltro un esempio di strade diverse prese da una stessa maggioranza uscente, con vicesindaci (ex o in carica) che si candidano contro il primo cittadino.

Le soglie e il voto «estero»

Il tema del calo dei gruppi in corsa non è certo solo bergamasco. Negli ultimi anni sono state anche modificate le norme sul quorum per i Comuni con lista unica, nella direzione di facilitare il raggiungimento della soglia richiesta, in un periodo storico in cui tra l’altro l’affluenza segna un costante calo. La nuova regola è scattata per la prima volta nel periodo della pandemia: sotto i 15mila abitanti, per la validità del voto, il quorum «strutturale» (ovvero la percentuale di aventi diritto che si recano ai seggi) è stata ridotta dal 50 al 40%, mentre invariato è rimasto il quorum «funzionale»: l’unico candidato deve ottenere almeno la metà dei voti validi. Inoltre, nel determinare il numero degli aventi diritto al voto non si conteggiano gli iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire) se non vanno a votare. E dalle nostre parti questa «fetta» di elettorato è in aumento: oggi sono quasi 57mila.

Riduzione della soglia di partecipazione al 40%

Nata come una misura legata appunto al Covid e alla relativa difficoltà di spostamento, è stata però poi riconfermata di anno in anno fino a oggi, nell’evidente tentativo di ridurre i rischi di voti «nulli» e di un moltiplicarsi di commissariamenti. La riduzione della soglia di partecipazione al 40% ha in effetti già negli anni scorsi «salvato» diversi Comuni monolista: nel 2021 per esempio hanno superato il 40%, ma non sono arrivati al 50, Ardesio, Castione, Gromo, Locatello e Medolago.

Come notano diversi amministratori, la possibilità di presentarsi è aperta a tutti: che ciò in alcuni paesi non avvenga, non è necessariamente un segno di poca vivacità o confronto. E comunque anche la lista unica ha davanti la sfida, non sempre semplice, del quorum. Ma, al di là della scelta nell’urna, la presenza di una minoranza durante il mandato è un pungolo e una palestra di confronto che sempre più spesso rischia di venire meno.

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