La Germania sbanda, ma vuole fare da sola

MONDO. Ignorare la quasi metà dell’elettorato è pressoché impossibile in una democrazia.

La crescita in Germania di Afd, una forza espressamente etno-nazionalista, nella definizione che ne dà il New York Times, riporta ad un passato tedesco che ancora inquieta. Il Land Brandeburgo con i suoi due milioni e mezzo di abitanti e un dodicesimo dei 357mila chilometri quadrati del territorio nazionale tedesco ha votato. Hanno vinto i socialdemocratici della Spd. Escludere dalla campagna elettorale il cancelliere Olaf Scholz è stata la mossa vincente. Obiettivo: far dimenticare l’appartenenza di partito. Una strategia che ha fatto vincere la Spd e fatto perdere le altre forze politiche. Tranne una: Afd.

I Verdi, i Liberali, la Linke sono spariti e non hanno un seggio nel parlamento regionale. I cristiano-democratici della Cdu non vanno oltre il 12,1%. Tutto congiura nel senso auspicato e voluto dall’Afd: ridimensionare i partiti democratici sino all’insignificanza e fare di Alternative für Deutschland l’unica alternativa alla democrazia. Il 30% dell’elettorato della Germania Est è strutturato e non scalfibile e quando i grandi partiti popolari come Spd o Cdu convergono per sottrarre voti al bacino elettorale dell’Afd finiscono per cannibalizzarsi o per drenare i consensi ai loro alleati. Di questo subbuglio elettorale è espressione anche la nuova formazione Bsw, fondata otto mesi fa e già in grado di superare un partito storico come la Cdu. Con il 13,5% conferma i risultati già ottenuti in Sassonia e in Turingia nelle elezioni del primo settembre. Un partito del quale si sa solo una cosa certa: teme la guerra in Ucraina e vuole un accordo immediato con la Russia di Putin. La considera precondizione per partecipare al governo regionale del Land. È contraria all’installazione di missili Nato su territorio tedesco.

Con il partito di ispirazione nazional-anticapitalista di Sahra Wagenknecht il fronte anti sistema nell’Est tedesco arriva al 43%. I cristiano-democratici della Cdu di Berlino hanno già fatto la loro scelta a livello federale. Se qualcuno coltivava speranze per una continuazione della linea progressista di Angela Merkel, la risposta del neo candidato cancelliere Friedrich Merz è stata un no risoluto. E si capisce, con i Verdi in calo, l’ambizione è rincorrere Afd sul suo stesso campo. Il che vuol dire soprattutto chiudere ai migranti. Adesso a suon di sconfitte elettorali e con ritardo anche il governo rosso giallo verde di Olaf Scholz si è accorto del problema.

La chiusura delle frontiere e la sospensione della libera circolazione delle persone, come previsto per i Paesi dell’area Schengen, sono di questi giorni. Il migrante è diventato il capro espiatorio. L’atteggiamento di diffidenza verso tutto ciò che non è tedesco si riflette anche nei confronti dell’Europa. Il fatto che Unicredit abbia trovato nel governo tedesco porte sbarrate nel tentativo di scalata a Commerzbank è da imputarsi al nazionalismo industriale che attraversa l’elettorato socialdemocratico e al quale anche il cancelliere Scholz non è insensibile. L’idea di fondo è che il modello Germania non venga contaminato da forze considerate ostili in grado di influenzare la politica finanziaria del Paese. Il modello renano è saltato. L’opinione pubblica e di converso la politica faticano ad accettare il ridimensionamento del ruolo della Germania.

Draghi ha messo in evidenza come l’unico strumento per contrastare il declino siano le sinergie tra gli Stati. Ma nella conferenza stampa del governo tedesco il rapporto sulla competitività dell’ex presidente della Bce trova posto solo alla fine. Commento: lo esamineremo in modo accurato. Freddo assoluto. L’idea è ce la faremo da soli e torneremo come prima. Grandi e soprattutto padroni in casa nostra. E in Europa.

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