In un anno 700 badanti in meno: «Aumenta il lavoro irregolare»

INPS. Nel 2022 in provincia 13.186 tra colf e badanti, in calo rispetto al 2021. Eppure ci sono più anziani. Meloni (Cisl): «Le famiglie non vengono sostenute».

Sembra un paradosso, ma è invece l’effetto combinato di due fattori di strettissima attualità: l’invecchiamento e il caro-vita. Perché se da un lato aumenta la popolazione in età anziana e in condizioni di fragilità, dall’altro lato l’assistenza ha dei costi. E se i costi aumentano e non ci sono adeguati aiuti, si rischia di scivolare nell’irregolarità. Succede anche a Bergamo, come trapela dagli ultimi dati dell’Inps. Nel 2022 in terra orobica risultavano 13.186 lavoratori domestici (o più verosimilmente lavoratrici domestiche, al femminile, perché le donne rappresentano il 79,6% del comparto) tra badanti e colf, in calo di oltre 700 unità rispetto alle 13.893 (-5,1%) del 2021. Appare appunto un paradosso, visto che sempre nel giro di un anno – ad esempio – i bergamaschi over 80 sono aumentati di 1.300 unità.

Calo nazionale

È una tendenza che si scorge in tutta Italia: un recente dossier dell’Inps rileva infatti un calo del 7,9% a livello nazionale negli ultimi dodici mesi, dopo un rimbalzo positivo nel 2020-21 grazie anche ad alcune «sanatorie». Ora sembrerebbe evidenziarsi il segnale di un nuovo ritorno del «nero», e la recente bocciatura dell’emendamento del Decreto Lavoro che proponeva la decontribuzione triennale per le nuove badanti è un ulteriore elemento di criticità. «Il fatto che nel nostro Paese la politica annunci iniziative che poi non si realizzano – sottolinea Giacomo Meloni, segretario generale della Fnp-Cisl – è ormai ricorrente quando si parla di sostegno alle fragilità e di normativa sugli assistenti familiari. Il calo delle lavoratrici domestiche regolari è probabilmente un riflesso della crisi ed è il segnale di un aumento dell’irregolarità: il lavoro nero è assolutamente sbagliato, sia chiaro, ma purtroppo a un certo punto le famiglie si trovano costrette a fare delle scelte. E in una situazione di difficoltà economica, spesso la soluzione che si adotta, a malincuore, è quella di non regolarizzare il lavoratore. Con tutto ciò che ne consegue, sia per il lavoratore sia per l’assistito».

I nuovi dati dell’Inps, concorda Orazio Amboni, responsabile del Dipartimento Welfare della Cgil Bergamo, «pongono degli interrogativi»: «Mentre aumenta la quota di popolazione non autosufficiente perché anziana o fragile, le lavoratrici domestiche diminuiscono: è evidentemente un paradosso che suggerisce in realtà un aumento del ricorso al lavoro nero. L’irregolarità nel lavoro di cura è un tema di lungo corso: come sindacato abbiamo sempre sostenuto la linea di puntare su delle cooperative che potessero coordinare meglio l’incontro tra domanda e offerta, ma è un meccanismo complicato. La proposta della decontribuzione triennale per le nuove assunzioni avrebbe in qualche modo limitato in parte anche il ricorso al nero».

Sgravi e deducibilità

La preoccupazione emerge anche da parte dell’Assindatcolf, l’associazione nazionale dei datori di lavoro domestico: «La fotografia scattata dall’Inps rende ancora più urgente un intervento sul settore, rimasto purtroppo escluso dagli ultimi provvedimenti che prevedevano aiuti specifici per il comparto. L’auspicio è che il tema degli sgravi e della deducibilità possa essere affrontato in modo organico e completo in sede di legge di bilancio – commentano Andrea Zini, presidente nazionale di Assindatcolf, e Simona Paris, delegata per Bergamo e Brescia dell’associazione –. Fino a quando il lavoro regolare costerà di più di quello in nero non si riuscirà ad aggredire il problema del lavoro sommerso».

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