M ercoledì mattina gelido, di dicembre. Un dicembre talvolta mite. Ma non in questo giorno che ha raggelato l’acqua delle pozzanghere e disegna in volute di vapore il respiro dei mortali, se indugiano in rapidi conciliaboli. I vetri, da Claudio, sono appannati. Consolante il calore dei cappuccini, dei caffè e delle chiacchiere. Il professor Caudano sorbisce senza fretta la sua colazione, poi si accorge di non avere nessuna voglia di tornare a casa.
E rimane.
Passano avventori consueti, gente del paese, le solite parole. Finché arriva uno sconosciuto, un rappresentante, da fuori. “Viaggiatore di commercio”, era una migliore definizione, in uso decenni fa e cara la professore. L’accento è lombardo. Ma non bergamasco, di questo il buon Elvio è presto certo, e deluso. Il tizio è estroverso, come sua professione richiede. Si inserisce in una conversazione di calcio, cautamente dice di amare il bel gioco ma di non tifare per nessuna squadra, forse perché, sempre per lavoro, sa quanto sia importante non inimicarsi nessuno. Il discorso va sul tifo, gli altri professano il proprio, Caudano declina le proprie generalità atalantine e dal forestiero riceve complimenti, auspici, pronostico. “L’è l’ann bòn”, sentenzia il forestiero, denunciandosi pavese.