Il partito di Conte, fibrillazioni e sofferenze

ITALIA. Il partito di Conte è in grande sofferenza. Vedremo presto se si tratta delle doglie di un nuovo parto o dello spasmo di un corpo in consunzione. Non è la prima volta che il Movimento fondato da Grillo si ritrova in ginocchio.

La prima volta è stato quando uno dei dioscuri del Movimento, Luigi Di Maio, leader designato, ha rotto col partito, portandosi dietro una cinquantina di deputati e una decina di senatori. È cominciata allora la stagione dell’avvocato di Volturara Appula, un neofita della politica, letteralmente catapultato al vertice del Movimento, senza che avesse preso parte in nessun modo alla stagione esaltante dello «stato nascente» del Movimento, ossia di quel momento magico in cui una collettività si salda, facendosi «comunità di destino». Un personaggio, per di più, con il profilo di uomo di potere: quanto di più contrastante poteva esserci con lo spirito dei fondatori visionari, Casaleggio e Grillo.

A distanza di pochi anni, il Movimento fondato dal comico genovese, diventato nel frattempo a pieno titolo un partito, torna in uno stato di fibrillazione e di sofferenza. È alle porte – l’ha annunciato in pompa magna il presidente Conte – la sua rifondazione.

A dire il vero, se passa la proposta del suo attuale leader, più che una rifondazione è la normalizzazione della svolta politica da lui inaugurata. Conte ha ereditato il M5S quando ancora si proponeva come alternativa di sistema e lo ha fatto sistema. L’ha preso che si ribellava all’idea di riconoscersi nelle categorie di destra e sinistra e lo ha reso partner di governo prima della destra e poi della sinistra, per farlo affluire da ultimo in Europa nell’estrema sinistra. L’ha raccolto che si batteva come l’araldo di una nuova, l’unica vera democrazia, quella internettiana in cui i cittadini sono permanentemente in assemblea, in cui nessuno comanda ma tutti decidono, e se l’è intestato impadronendosi delle leve di comando, scegliendo, in assoluta autonomia, il ceto dirigente. Anche il nome del movimento-partito ora sembra messo in discussione: come dire che viene ribaltata la sua identità.

Ci chiedevamo in apertura se la sofferenza del Movimento dovesse essere intesa come doglie di un nuovo parto o lo spasmo di un corpo sfinito. La nostra risposta: è tutt’e due le cose insieme. È lo spasmo della morte del partito creato da Grillo ed è anche il parto (meglio sarebbe dire che è il battesimo ufficiale della creatura che ha già visto la luce da tempo) del partito di Conte. Questo doppio esito sta scritto nella elaborata, complessa procedura adottata dall’ex avvocato del popolo per rivitalizzare un partito reduce da una serie di ripetuti e gravi rovesci elettorali. Sulla carta si tratta di un percorso che promuove il coinvolgimento della base (iscritti, elettori, persino semplici simpatizzanti) al termine del quale si terrà un’assemblea, gestita però da una società specializzata. In teoria, dovrebbe essere il massimo della partecipazione. Ma – è bene ricordare – la partecipazione non si traduce sempre automaticamente in potere deliberativo.

La macchinosità della procedura adottata fa temere che si possa ripetere il copione già adottato in passato. Ricorderete la grande kermesse organizzata a Roma a Villa Pamphilj nel giugno del 2020 dall’allora presidente del consiglio Conte. Aveva convocato gli Stati generali dell’economia. Avrebbero dovuto fissare l’agenda del governo. Si risolsero in una sfilata di nomi altisonanti del gotha economico e finanziario nazionale senza che alcuna proposta da loro avanzata in quella sede avesse poi un seguito nell’azione di governo. In fondo, anche in questa costituente tutto quel che sta a cuore a Conte è già deciso in partenza: pensionamento di Grillo e normalizzazione del Movimento in partito leaderistico, inserito nell’area della sinistra. Purtroppo per il suo presidente, senza più possibilità di esercitar l’ambita egemonia sul «campo largo» in costruzione.

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