«Il linguaggio d’odio diffuso nell’indifferenza: serve vigilare»

L’INCONTRO. Continua la rassegna «D(i)ritti in Biblioteca», presso la Sala Mimmo Boninelli della Biblioteca Tiraboschi, in via San Bernardino 74,promossa dal Sistema Bibliotecario Urbano di Bergamo con l’associazione «Il Cerchio di Gesso» e patrocinata da Fondazione della Comunità Bergamasca con il contributo di diverse associazioni del territorio.

Un ciclo che ha già offerto rilevanti opportunità di confronto su temi quali le pari opportunità, la violenza sulle donne, gli stereotipi di genere. Giovedì 20 marzo alle 17.30, sarà la volta di un incontro con la filosofa Claudia Bianchi, professoressa ordinaria presso la Facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute S. Raffaele dove insegna Pragmatica del linguaggio, Comunicazione e cognizione, Gender Studies e, dal 2022, dirige il Centro Gender (Interfaculty Centre for Gender Studies), oltre al Master in Comunicazione della Scienza e della Salute. Durante l’evento alla Tiraboschi – organizzato in collaborazione con l’Università degli Studi di Bergamo, in occasione della presentazione dell’Archivio delle Filosofe di Swip-Italia (Società italiana per le donne in filosofia) – B ianchi parlerà del suo libro edito da Laterza, «Hate speech. Il lato oscuro del linguaggio».

Si tratta di un’opera che spiega quanto le parole possano essere strumenti di pesante oppressione e chiede una vigilanza necessaria alla luce dell’indifferenza generale del loro uso offensivo ormai dilagante. Il volume indaga quindi il cosiddetto hate speech, usato per indicare espressioni che comunicano derisione, disprezzo e ostilità verso gruppi sociali o individui identificati sulla base di tratti sociali come l’etnia, la religione, il genere, l’orientamento sessuale o una disabilità. Abbiamo rivolto alcune domande a Claudia Bianchi.

Professoressa, il tema al centro del suo saggio sta diventando sempre più d’attualità, per i vari campi che ha ormai invaso: lo si usa per attacchi politici, omofobi, razzisti, sessisti… è così?

«Purtroppo sì, il linguaggio d’odio si diffonde sempre più perché rappresenta la dimensione sociale della violenza verbale. A differenza degli insulti quotidiani, infatti, i discorsi d’odio vengono usati contro gli altri non per comportamenti o azioni che potremmo disapprovare, ma per qualcosa che sono, per caratteristiche che posseggono e da cui non possono spogliarsi: colore della pelle, genere, orientamento sessuale, religione».

L’«hate speech» continua a diffondersi con fin troppa facilità. In questo senso è favorito dai social media, ambienti perlopiù senza filtri o mediazioni?

«L’hate speech accompagna la storia dell’umanità e non nasce certo con i social media. Viene però amplificato dai social, che enfatizzano caratteristiche del linguaggio d’odio che lo rendono virale e devastante, difficile da identificare e contrastare. Come la distanza fra gli interlocutori e l’anonimato: filtri, mediazioni e forme di autocensura tendono ad allentarsi online, dove vige una sensazione di impunità spesso illusoria».

Da dove nasce il suo interesse per l’argomento? Motivazioni legate al lavoro accademico o c’è dell’altro?

«Nasce dall’incontro fra due miei interessi scientifici: la filosofia del linguaggio ordinario, che sottolinea come le pratiche linguistiche siano sempre strettamente connesse a pratiche sociali, e la filosofia femminista, che mostra come il linguaggio non sia uno strumento neutro di comunicazione e come uomini e donne non vengano messi in condizione di esercitare allo stesso modo potere, autorità, competenza».

L’appuntamento alla Tiraboschi sarà pure l’occasione per presentare l’Archivio delle Filosofe. In cosa consiste il progetto?

«Si tratta di una pubblicazione patrocinata dalla Swip. Raccoglie profili di autrici che hanno contribuito al pensiero filosofico in ogni tempo, anche allo scopo di promuoverne l’insegnamento e l’inserimento nel canone filosofico, tradizionalmente piuttosto maschilista».

Lei dirige il Centro Gender. Ci può parlare di questo suo impegno?

«Il Centro Gender sviluppa e coordina gli studi di genere condotti all’interno delle facoltà di Filosofia, Medicina e Psicologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele. Le questioni di genere hanno infatti natura interdisciplinare e richiedono un approccio di ricerca che coinvolga competenze scientifiche, filosofiche, psicologiche, mediche e assistenziali».
Elisa Roncalli

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