Ha fatto la storia dell’Atalanta: è morto a 91 anni Humberto Maschio

IL LUTTO. Giocatore nella squadra bergamasca negli anni Cinquanta, l’argentino è morto il 20 agosto all’età di 91 anni.

Faceva faville a fine anni ’50, centrocampista amatissimo. In un’intervista di qualche anno fa Elio Corbani lo ha definito un “perfezionista”: «Il suo perfezionismo, la sua ricerca di ogni piccolo errore commesso per provare a migliorarsi lo renderebbe un beniamino di Gasperini - ha detto il giornalista -. Finiva la partita da migliore in campo ma ti diceva sempre: ”Ma no, ho sbagliato lì, ho sbagliato là...”. Era umilissimo». E spiega: «Un uomo vero, integerrimo anche fuori dal campo. Ho sempre scelto lui come atalantino-simbolo, perché gli esempi devono essere tali anche nella vita».

Corbani: «Un uomo vero, integerrimo anche fuori dal campo. Ho sempre scelto lui come atalantino-simbolo, perché gli esempi devono essere tali anche nella vita»

Dall’Argentina all’Italia

L’argentino Humberto Dionisio Maschio Bonassi, originario di Avellaneda, avviò la propria esperienza calcistica in patria, per poi arrivare in Italia con il Bologna che lo ingaggiò nell’estate 1957. Dopo un biennio inferiore alle aspettative, fu ceduto all’Atalanta e qui la sua credibilità crebbe, venendo quindi tesserato dall’Inter di Helenio Herrera nel 1962 quando vinse lo scudetto. Poi andò alla Fiorentina fino al 1966 per tornare infine due anni nel suo Racing Club di Avellaneda.

Anche allenatore

Da calciatore fu anche allenatore. Terminata l’attività agonistica, tra il 1968 e il 1969 fu per breve tempo selezionatore dell’Argentina e poi, nel 1971, allenatore del Racing Club. Nel 1973 fu alla guida dell’Independiente, con cui vinse la Coppa Libertadores. Nel 1974 divenne commissario tecnico della Costa Rica per poi tornare sulla panchina del Racing nella stagione 1999-2000.

L’ultimo degli “angeli dalla faccia sporca”

Maschio è stato l’ultimo degli “angeli dalla faccia sporca” a venire a mancare: veniva chiamato così - in lingua originale “Angeles de la cara sucia” - insieme a Enrique Omar Sívori e Antonio Valentín Angelillo - tridente letale nella Nazionale argentina che vinse la Copa América a Lima nel 1957 – perché uscivano dal campo coperti di fango e terriccio.

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