Gli inglesi e il bisogno di avvicinarsi all’Europa

MONDO. È iniziato il «reset» nelle relazioni tra Regno Unito e Unione europea. Il primo passo formale sarà determinato dal nuovo trattato bilaterale tra Londra e Berlino da definire e firmare entro il 31 dicembre 2024.

Questa è la «road map» tracciata dal neopremier britannico Keir Starmer e dal cancelliere tedesco Olaf Scholz. La comune appartenenza a un’affine famiglia politica (laburista e socialdemocratica) ha semplificato i lavori preparatori. La Commissione europea osserva interessata quanto Londra e Berlino concorderanno anche perché, nel 2026, gli accordi commerciali dei Ventisette con il Regno Unito scadranno e si aprirà per necessità una nuova pagina nelle relazioni euro-britanniche.

Prima domanda: dopo 14 anni di governi conservatori, Starmer si sta apprestando ora a fare un passo indietro sulla Brexit? Seconda domanda: vi sarà nel Regno Unito prossimamente un altro referendum sul ritorno nell’Ue dopo quello shock, vinto dai «Leave» nel 2016?

Da sempre europeista convinto, il capo di Downing Street è stato chiaro sugli intenti del suo «reset». Per il momento non si sta parlando di buttare a mare la Brexit, che - ormai se ne sono accorti anche i più incalliti euroscettici - è stata per Londra uno spaventoso passaggio a vuoto. Bensì si mira - ufficialmente - a costruire relazioni più convenienti ed equilibrate con Bruxelles.

Starmer ha vinto le elezioni del 4 luglio anche grazie alle promesse fatte ai moderati di non toccare la Brexit. Di conseguenza non è nelle condizioni di rimangiarsi tanto presto la parola data agli elettori e di capovolgere persino l’esito di un referendum popolare. La cultura politica britannica non permette mosse del genere.

Ma starsene con le mani in mano non è possibile. Le sfide del nostro tempo non concedono tregue e troppi sono i pericoli per l’Occidente.

La scelta fatta dai laburisti è stata, pertanto, quella della linea dei piccoli passi. Per prima cosa si sigla un trattato con la Germania, maggiore economia dell’Unione europea. Poi si vedrà cosa fare con gli altri.

L’aspetto più sorprendente è che sia Starmer che Scholz non sono riusciti a chiarire quali capitoli comprenderà il futuro trattato. Certamente vi saranno punti sulla difesa e sulla sicurezza; sulla lotta all’immigrazione clandestina; sull’economia e sul commercio.

I «Lancaster House Treaties» tra Regno Unito e Francia del 2010 saranno la bussola in campo militare e ribadiranno la comune appartenenza di Londra e di Berlino alla Nato. Qualsiasi iniziativa sarà complementare e all’interno degli accordi internazionali. Dopo l’estate «calda» con disordini in tutto il Paese Starmer ha la necessità di fermare rapidamente il flusso migratorio attraverso la Manica. Basta «boats» che scaricano irregolari. Questo il primo impegno. Ecco spiegato perché il premier UK non è adesso nelle condizioni di fare concessioni sulla «mobilità dei giovani» richieste dai Ventisette.

Chiaramente con le due economie in difficoltà - Londra e Berlino - studieranno cosa fare insieme per creare migliori opportunità e condizioni di rilancio.

La sensazione è che Starmer e Scholz abbiano deciso di iniziare un percorso che verrà influenzato dall’esito delle presidenziali americane in novembre. Se Trump e gli ultraconservatori Usa (indirettamente ispiratori della Brexit) verranno sconfitti, il riavvicinamento di Londra all’Ue avverrà a marce forzate.

Del resto, manco due mesi fa, i laburisti l’hanno promesso: il Regno Unito sarà di nuovo una nazione leader in Europa. Come? Sotto quale veste? Gli eventi interni e internazionali lo determineranno.

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