Fibrillazioni tra alleati e le decisioni slittano

ITALIA. L’intenzione c’era, sbloccare le nomine della Rai prima della pausa estiva. Ma la maggioranza non è riuscita a trovare un accordo: tutto rinviato.

Il previsto vertice a tre, Meloni-Tajani-Salvini, che avrebbe dovuto discutere non solo di Rai ma anche di altre questioni importanti come la data dell’election day nelle regionali d’autunno e la nomina del commissario europeo che spetta all’Italia, non si è più tenuto ma è stato spostato forse a domani a margine del consiglio dei ministri. Ma quel che è politicamente significativo è che l’elezione parlamentare dei componenti del nuovo consiglio di amministrazione della radio-tv pubblica ci sarà alla ripresa settembrina, tra il 10 e il 12, alla Camera e al Senato. Si prende tempo mentre i lavoratori di viale Mazzini scendono in sciopero per protestare contro la gestione del vertice aziendale e chiedere chiarezza sulle prospettive economiche, visto che la Lega si prepara a proporre un altro taglio al canone in cambio di un aumento dei tetti pubblicitari imposti alla Rai.

Misura quest’ultima che trova fermamente contraria Forza Italia e molto freddo il partito di Fratelli d’Italia: lasciare libera la tv di Stato di raccogliere più pubblicità comporterebbe un danno per le altre televisioni, a cominciare da Mediaset, e un colpo alla carta stampata. La Lega però insiste nel cavalcare uno dei suoi motivi propagandistici preferiti, proprio il taglio del canone radiotelevisivo.

E questo non fa che accentuare il divario con gli alleati: infatti Salvini reclama più potere nelle poltronissime della Rai e punta l’obiettivo sulla carica di direttore generale, oggi occupata da quel Gianpaolo Rossi che, nei piani di Giorgia Meloni, presto dovrebbe diventare amministratore delegato al posto di Roberto Sergio. E proprio quest’ultimo potrebbe essere un candidato della Lega a diventare direttore generale in una specie di «staffetta» con Rossi. A parte le voci che definiscono freddi i rapporti tra i due, il problema è che né Rossi né FdI vogliono che persista la figura del direttore generale che, nelle loro intenzioni, dovrebbe scomparire per lasciare l’amministratore delegato unico e vero capoazienda. La Lega si oppone e minaccia di mettere i bastoni tra le ruote alle intenzioni degli alleati. Nello stesso tempo anche Forza Italia è in subbuglio: la candidata di Antonio Tajani alla presidenza della Rai è Simona Agnes che dovrebbe andare al posto della dimissionaria Marinella Soldi.

Il presidente, essendo figura di garanzia, è espressa dalla Commissione parlamentare di vigilanza con una maggioranza dei due terzi: su 42 componenti, serve il sì di 28 di loro. La maggioranza può contare solo su 24 voti: fino a qualche giorno fa si contava su qualche voto sparso (a scrutinio segreto) e soprattutto sul sostegno di Italia Viva e di Azione. Ma il riavvicinamento di Renzi e Calenda al Pd impedisce che questo piano si realizzi, e anche il benevolo atteggiamento tenuto sin qui dal M5S sembra sia venuto meno, tanto è vero che tutte le opposizioni hanno deciso di comune accordo che al momento del voto usciranno dall’aula così da evitare che ci possa essere qualche «franco tiratore» a favore del centrodestra e della Agnes. Forza Italia non accetta nessun cambio di candidatura, la presidente deve essere l’attuale consigliera di amministrazione, figlia di uno storico direttore generale di viale Mazzini, Biagio Agnes.

Dunque nel centrodestra esiste un «caso Lega» e un «caso Forza Italia» che si intrecciano tra loro paralizzando la maggioranza di governo e creando non pochi problemi alla Meloni. Finora la presidente del Consiglio non è riuscita a chiudere un accordo globale con i suoi alleati, ed è per questo che tutto è rinviato a settembre.

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