La salute / Bergamo Città
Giovedì 05 Settembre 2024
Fibrillazione atriale persistente: c’è un alleato
ROBOTICA. La scelta migliore e più efficace per il paziente è l’ablazione ibrida, e qui il «robot» può far molto.
Palpitazioni, dolore al torace e senso di stanchezza. La fibrillazione atriale colpisce 1,1 milione di persone in Italia ed è considerata la forma di aritmia – l’alterazione del ritmo cardiaco – più diffusa, con una prevalenza che tende a crescere con l’aumentare dell’età. Tre sono le tipologie di fibrillazione atriale che colpiscono il cuore, essenzialmente definite in base alla durata dell’aritmia: parossistica, persistente e permanente o cronica.
La terapia
Per il trattamento della fibrillazione atriale oggi le linee guida raccomandano di effettuare l’ablazione trans-catetere endocardica. Tuttavia, questa metodica attualmente è efficace in circa il 98% dei casi nelle forme parossistiche ma, nelle forme persistenti, vale a dire quelle fibrillazioni che si protraggono per più di una settimana o per mesi, il successo dell’ablazione trans catetere è molto più basso, circa del 40-60%. E la percentuale di buona riuscita diventa ancora più bassa nelle forme chiamate «persistenti di lunga durata», vale a dire quando le aritmie durano più di un anno e non rispondono ad altri trattamenti come la cardioversione elettrica.
«Il motivo della debolezza dell’ablazione transcatetere tradizionale nel contrastare le forme persistenti e persistenti di lunga durata è che l’ablazione dall’inguine è in grado di colpire solo alcune zone responsabili della comparsa di questo tipo di fibrillazione», spiega Eduardo Celentano, responsabile dell’Elettrofisiologia di Humanitas Gavazzeni.
«Per questo motivo, per i casi di fibrillazione atriale persistente o persistente a lunga durata, la scelta migliore e più efficace per il paziente è attuare un’ablazione ibrida che prevede due differenti ablazioni: la prima, diretta alle zone esterne del cuore, la seconda a quelle interne – sottolinea il dottor Celentano -. Questo permette di realizzare un’ablazione più completa e ottenere risultati superiori alla tecnica tradizionale».
L’aiuto della robotica
Per realizzare l’ablazione ibrida in Humanitas Gavazzeni viene in aiuto la tecnologia robotica dove le competenze degli specialisti in Elettrofisiologia e Cardiochirurgia robotica dell’ospedale bergamasco, si uniscono per offrire una nuova soluzione terapeutica contro la fibrillazione atriale persistente.
Questa esperienza unica in Europa, che utilizza il robot per il trattamento epicardico della fibrillazione atriale persistente, è stata resa possibile dopo un periodo di formazione di tutto l’Heart Team dell’Elettrofisiologia e Cardiochirurgia robotica di Humanitas Gavazzeni nel Medical College of Wisconsin presso la sede ospedaliera del Centro cardiovascolare e vascolare di Milwaukee coordinato dal dottor Stefano Schena.
Come funziona
È un hybrid convergent, vale a dire un approccio che unisce le competenze elettrofisiologiche ed elettrochirurgiche per il miglior risultato
Con i suoi «bracci» robotici guidati dal cardiochirurgo, l’accesso al cuore è laterale con quattro ingressi di massimo 12 millimetri che rendono l’intervento meno invasivo e con cicatrici post operatorie piccolissime; i suoi «occhi» consentono una visione completa in 3D a tutto campo e le sue «mani» permettono di agire con la massima precisione e realizzare gesti di fondamentale importante per la miglior ripresa del paziente.
«Il robot ci permette di riuscire a chiudere l’auricola nel corso dell’intervento riducendo così di molto il rischio trombo embolico ed emorragico, le recidive di fibrillazione atriale ed eliminando l’assunzione di farmaci anticoagulanti - afferma Alfonso Agnino, responsabile della Cardiochirurgia robotica di Humanitas Gavazzeni –. Inoltre, in questo tipo di procedura, si può utilizzare un sistema di chiusura dell’auricola totalmente nichel free, ampliando di molto il bacino dei pazienti che possono accedere a questa soluzione di cura. È un hybrid convergent, vale a dire un approccio che unisce le competenze elettrofisiologiche ed elettrochirurgiche per il miglior risultato. Secondo i dati a disposizione dall’esperienza Oltreoceano, questo lavoro integrato permette la risoluzione della patologia aritmica dell’85 per cento».
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