G ianfranco Cinello, chi era costui? Il pericolo pubblico di quella domenica di fine novembre 1983, prima partita nella storia dell’Atalanta al “Castellani” di Empoli. Un 21enne attaccante di scuola Udinese e dalla chioma fulva che nelle prime 10 partite di quel campionato 1983-84 di B aveva già realizzato 7 reti, per giunta in una neopromossa. Di quelle terribili almeno fino a quel punto della stagione, visto che in classifica i toscani erano appaiati con i nerazzurri a quota 10 punti in un gruppone che comprendeva anche Lecce, Cesena, Cagliari e la Cavese di tal Gian Piero Gasperini. In campo, non in panca. L’ultimo posto per la serie A era distante 4 punti, occupato da quella Cremonese che aveva bastonato pochi turni prima i nerazzurri di sor Nedo Sonetti: un secco 2-0 con reti di Paolinelli e del compianto Vialli. In testa, a 5 punti di distanza, la strana coppia Campobasso-Arezzo. Entrambe la A la vedranno col binocolo. Empoli era la novità assoluta della stagione, società debuttante tra i cadetti, poche pretese, budget risicato e tanti giovani in campo, presi del vivaio e in prestito dalla vicina Fiorentina. L’Atalanta in verità ci era già stata a giocare in C1, nel marzo 1982, ma non al “Castellani”, nel vicino campo sussidiario. La ragione è nota, quasi leggendaria, una strana invasione di parassiti (o lumache, o forse nulla…) sul terreno di gioco principale che aveva costretto i toscani a ricorrere a quello di riserva, completamente inadeguato e con il pubblico a metri zero senza recinzioni. Era successo di tutto, ma alla fine i nerazzurri avevano strappato un rocambolesco 2-2 nel finale dopo aver chiuso il primo tempo sotto 2-0. Del resto l’Empoli doveva salvarsi e ogni mezzo era lecito.