E le «Case di comunità»? Avanti piano, tra luci e ombre

L’ANALISI . Il Dipartimento di Politiche per la salute dell’Istituto «Mario Negri» ha analizzato i modelli organizzativi delle 132 «CdC» operative. Ecco i risultati.

Nel luglio scorso si è conclusa la seconda fase del progetto sull’analisi dei modelli organizzativi delle Case della Comunità (CdC) in Lombardia, promosso dal Dipartimento di Politiche per la Salute dell’Istituto Mario Negri. I principali risultati sono stati presentati in due incontri: il 3 luglio con oltre cento dirigenti delle Aziende socio sanitarie territoriali (Asst) Lombarde e il 30 luglio con la Direzione Generale Welfare di Regione Lombardia.

Delle 195 CdC previste entro il 2026 dal Piano Operativo Regionale approvato con delibera XII/2562 del 17.6.2024, ne sono state identificate come già funzionanti sul territorio 132. I dati sono stati raccolti utilizzando la documentazione fornita dalle 23 Asst che hanno partecipato al progetto ed effettuando visite alle singole strutture. Non hanno aderito al progetto le Asst Valle Olona, Rhodense e Pavia, che servono un territorio di 1.472.000 abitanti, dove è prevista entro il 2026 la realizzazione di 31 CdC.

Il confronto fra gli enti gestori

Il confronto con gli enti gestori e con il personale direttamente coinvolto nella realizzazione delle strutture è stato costruttivo e ha favorito uno scambio di informazioni significativo. Ciò testimonia l’importanza, percepita da amministratori e operatori, di strumenti che consentano di monitorare l’evoluzione di una riforma ambiziosa, che mira a trasformare profondamente i servizi socio-sanitari territoriali.

L’indagine ha permesso di fotografare la situazione di 105 CdC, di cui 91 classificate come Hub (struttura centrale dotata di servizi più complessi e specializzati) e 14 come Spoke (strutture periferiche o secondarie per servizi sanitari di base e di primo livello). Si è evidenziato un quadro eterogeneo in termini di organizzazione, di qualità dei servizi e di risorse umane. Alcune strutture mostrano una discreta capacità di rispondere ai bisogni dei cittadini, mentre altre si trovano ancora in una fase iniziale.

Le sfide ancora da affrontare

Tra le sfide in essere, già rilevate nella prima fase conclusa nel settembre 2023, si evidenziano la difficoltà di coinvolgere i medici di medicina generale – situazione comune anche in altre regioni - , la necessità di superare il vecchio modello dei poliambulatori, il nodo dell’integrazione tra i diversi servizi e operatori e una modesta partecipazione dei Comuni. Tuttavia la situazione attuale è migliorata rispetto alla prima rilevazione. Sebbene nessuna delle CdC risponda pienamente ai requisiti previsti dagli standard regionali e nazionali, molte ne soddisfano almeno la maggior parte, tra cui l’attivazione del Punto Unico di Accesso, la presenza di nuove figure professionali come gli infermieri di comunità, la disponibilità del servizio di continuità assistenziale, dell’assistenza domiciliare e degli ambulatori specialistici.

Le differenze riscontrate tra le CdC possono essere attribuite a diversi fattori, tra cui: le peculiarità territoriali, la realizzazione delle strutture a partire da servizi già esistenti e diversi nei territori per risorse e organizzazione, i tempi stretti per un’adeguata programmazione a livello locale, la coesistenza di visioni diverse sull’applicazione delle linee guida previste a livello nazionale e regionale. Inoltre, il progetto è stato avviato in un momento di difficoltà per il Servizio Sanitario Nazionale, caratterizzato da una rilevante riduzione del personale, soprattutto a livello territoriale.

Riconosciuta l’utilità del progetto

Durante gli incontri, i dirigenti degli enti gestori hanno riconosciuto l’utilità del progetto per ottenere una valutazione strutturata e critica sullo stato di avanzamento e sulle sfide incontrate nella realizzazione delle CdC. È stata condivisa la necessità di passare dalla descrizione delle strutture all’analisi dei modelli organizzativi, dei servizi erogati e del loro impatto sulla salute dei cittadini. L’indagine ha anche favorito un dialogo tra gli Enti Gestori, gli operatori e i cittadini, con l’obiettivo di rendere le comunità parte attiva nella riforma dei servizi socio-sanitari. In questo contesto, si è sottolineata l’importanza di un maggiore coinvolgimento dei Comuni, delle associazioni di cittadinanza attiva e del terzo settore nell’organizzazione e nel monitoraggio delle CdC.

In vista delle prossime fasi, sono in corso iniziative di confronto con Regione Lombardia e alcuni enti gestori per condividere i dati raccolti e pianificare progetti specifici. Un particolare ringraziamento il «Negri» lo ha rivolto ai 25 collaboratori che volontariamente hanno prestato la loro opera in aggiunta al personale del nostro Dipartimento per le visite e la raccolta dei dati nelle 105 CdC esaminate.

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