Dopo la rissa a Casazza, in fuga uno degli aggressori. Si cerca il terzo uomo

L’OMICIDIO. Mykola Ivasiuk, ucraino, era in Italia da dieci anni. Arrestato un calabrese: l’ha colpito, poi ha chiamato il 112. Marocchino in fuga con l’auto di un bergamasco che lo ospitava a Spinone, per questo accusato di favoreggiamento.

Prima un pugno in faccia, violentissimo, che lo fa barcollare. Poi, a stretto giro, una «bicchierata» alla nuca, che gli fa perdere i sensi e lo fa cadere in avanti. A quel punto Mykola Ivasiuk stramazza a terra e resta immobile, in posizione prona. Tanto che uno dei due aggressori, quello che gli aveva appena sferrato il pugno in testa, si preoccupa: si china su di lui, gli afferra un braccio e lo gira. Ma, anche da supino, Mykola non dà segni di vita: è lo stesso aggressore – un calabrese ventinovenne residente in Brianza ma da qualche tempo di casa qui a Casazza, diversi precedenti per reati contro il patrimonio e la persona – a chiamare il 112 e chiedere l’intervento dei soccorsi. Che si riveleranno purtroppo vani.

In carcere sono intanto finiti il calabrese e il bergamasco: il primo accusato di omicidio mentre il secondo di favoreggiamento nella fuga del marocchino

Un ricercato

L’altro aggressore, un marocchino trentaduenne senza fissa dimora, invece si dilegua: raggiunge la casa di Spinone dove un bergamasco di 46 anni lo ospita, prende la Ford grigia di quest’ultimo e fa perdere le sue tracce. È ancora ricercato con l’accusa di omicidio, anche se gli inquirenti confidano che il «cerchio si sta stringendo». In carcere sono intanto finiti – arrestati dai carabinieri della Compagnia di Clusone – il calabrese e il bergamasco, il primo accusato di omicidio – non ancora declinato nello specifico, anche se potrebbe essergli contestato il preterintenzionale per aver causato la morte di Mykola senza avere avuto la volontà di ucciderlo –, mentre il secondo di favoreggiamento nella fuga del marocchino.

Sarà l’autopsia – disposta dalla Procura e programmata per venerdì mattina (23 agosto) all’obitorio dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo (la eseguirà il dottor Matteo Marchesi) – a chiarire se a causare la morte sia stato il pugno in faccia, la bicchierata alla nuca, oppure la caduta. O, come sembra più verosimile, la catena delle tre situazioni di violenza, una dietro l’altra in tempi strettissimi

I fatti

Questa la dinamica di quanto avvenuto poco prima delle 22,30 di lunedì 19 agosto fuori dal «Rosy Bar», lungo la Statale del Tonale che attraversa Casazza. Ai carabinieri sono venute in aiuto le riprese interne del bar, anche se l’aggressione mortale è avvenuta – comunque filmata – sotto il porticato esterno, dov’erano seduti, in distinti tavolini, l’avventore calabrese e quello marocchino. La causa specifica del litigio non è ancora chiara: probabilmente a rendere pesante il clima il fatto che i coinvolti – vittima e aggressore – fossero sotto l’effetto di alcol. Nei filmati si vede Mykola Ivasiuk – nato 38 anni fa in Ucraina, vicino a Leopoli, e in Italia da una decina, di casa in un palazzo di fronte al «Rosy bar», dall’altra parte della Statale – arrivare al locale, entrare, uscire e poi avvicinarsi di nuovo al locale, forse perché il calabrese e il marocchino gli avevano detto qualcosa. A quel punto c’è un battibecco con il calabrese (tutte le persone coinvolte si conoscevano), Mykola si gira verso di lui e viene colpito con il pugno in faccia. Violentissimo. Tanto da neutralizzare un fisico molto robusto come quello del trentottenne ucraino: a incidere definitivamente sulla sua stabilità e farlo cadere a terra è un colpo alla nuca che il marocchino, alle sue spalle, gli sferra con un bicchiere.

Leggi anche
Leggi anche

Sarà l’autopsia – disposta dalla Procura e programmata per venerdì mattina (23 agosto) all’obitorio dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo (la eseguirà il dottor Matteo Marchesi) – a chiarire se a causare la morte sia stato il pugno in faccia, la bicchierata alla nuca, oppure la caduta. O, come sembra più verosimile, la catena delle tre situazioni di violenza, una dietro l’altra in tempi strettissimi.

«Mykola mi aveva tagliato i capelli e poi mi aveva detto che sarebbe uscito per bere una birra. Tre ore dopo mi hanno chiamato e detto che era successo qualcosa di grave»

È il calabrese poi arrestato per l’omicidio a chiamare il 112. «Sono arrivato davanti al bar e c’era quell’uomo a terra supino e con il viso insanguinato, mentre un altro uomo era chinato su di lui e, nel contempo, telefonava – racconta Jawad Minsowr, un marocchino di passaggio –. Ho chiesto se servisse aiuto, ma quello al telefono mi ha detto che era a posto e di allontanarmi». Pochi minuti dopo sono arrivate l’automedica e l’ambulanza della Croce Blu di Lovere: i tentativi di rianimare Mykola Ivasiuk si rivelano vani. Tocca ai carabinieri del Nucleo operativo di Clusone ricostruire i fatti: il piazzale antistante il bar viene delimitato con il nastro e la Scientifica esegue tutti i rilievi. Vengono anche acquisite le immagini delle telecamere del bar, da 16 anni gestito da una donna di origine cinese. Sul posto arriva anche il neocomandante dei carabinieri di Clusone, tenente Maurizio Guadalupi, al timone della Compagnia solo da una settimana. La voce di quanto accaduto arriva anche al fratello di Mykola, Nazar, che arriva al piazzale e non riesce a darsi pace: «Spero che prendano chi ha fatto tutto questo – dice –: Mykola mi aveva tagliato i capelli e poi mi aveva detto che sarebbe uscito per bere una birra. Tre ore dopo mi hanno chiamato e detto che era successo qualcosa di grave». Quando ormai è l’una e mezza della notte e, finiti i rilievi, sono le onoranze funebri a portare via il corpo di Mykola, è proprio Nazar ad andare a prendere la loro mamma, Maria, in Italia da 15 anni e che vive a casa di un’anziana dove fa la badante, sempre a Casazza. «Ero stata da lui oggi a pranzo e non pensavo sarebbe stata l’ultima volta che lo vedevo – confida –. Era un ragazzo tranquillo, ma quando si alterava era meglio lasciarlo stare. Si trovava bene in Italia: aveva lavorato anche lui come badante, mentre ora nel settore dell’ortofrutta, ma saltuariamente. In Ucraina ha una figlia di 16 anni: ora chi le dirà cos’è successo?».

© RIPRODUZIONE RISERVATA