Donizetti, 10 anni d’opera in crescendo. Il saluto al direttore Micheli

IL FESTIVAL. Partecipazione ed entusiasmo alle celebrazioni per il compositore. Ovazione per il racconto musicale degli artisti e del direttore artistico Micheli. Sabato e domenica ultime repliche di Don Pasquale e Zoraida di Granata.

«Ne abbiamo fatte di cotte e di crude», parola di Francesco Micheli, direttore artistico del Festival Donizetti. Non di rado però, come un’aura/ombra, dietro di lui c’era Gaetano. L’ultimo «Citofonare Gaetano», venerdì sera al teatro Donizetti, è stato il più intenso, il più appassionato e appassionate di sempre.

Del resto in un colpo - due ore volate senza respiro - il citofono ha raccontato dieci anni di Festival Do. Iconico il tributo, in meno di due minuti, di Andrea Compagnucci,responsabile martketing e fundraising: ha proposto in un mosaico di fotografie, un sequel di scatti a partire dall’opera tra i passeggeri di Orio, alla «prima maglietta» irriverente sul busto di Gaetano; dalle torte ai profumi passando per le mille iniziative con i commercianti contagiati e convinti della bontà del verbo donizettiano. Poi l’albero di natale, con la gente che rubava le palline di Gaetano. E poi il Covid col «Gala sul sofà» per spezzare l’esorcismo dell’isolamento e non interrompere la linfa dello spettacolo nonostante tutto, oltre tutto. Poi la notte «prima egli esami»: quella passata con coperte cuscino in platea, a dormire prima della chiusura per il restauro. «Cantiere teatro» era anche la parola d’ordine di Micheli, pensando non solo, non tanto, all’imponente lavoro di ristrutturazione, ma alla percezione dell’opera e alla figura di Donizetti, cambiata ampiamente e profondamente in due lustri di Festival, sia intra moenia che extra.

E non ci si faccia ingannare dai tanti stranieri oggi a teatro, il (capo)lavoro maggiore è stato quello di convincere e appassionare proprio i concittadini. Del resto, casi del destino e ritorni della storia, lo stesso Donizetti fece più fatica a trovar riconoscimento proprio dalla sua Bergamo che in ogni altro posto, almeno fino a quando la sua notorietà non fu acclarata.

L’anima del Festival in 10 anni

Un filo rosso ha raccordato esile e silente tutta la serata: una sorta arcipelago con tutte le parole «chiave» che in questi 10 anni hanno fatto la l’anima del Festival. Ecco dunque «Filologia», «pazzia», «ciclo Tudor», «Bergamo», «Napoli», Roma, Parigi, «i capolavori», Santa Maria Maggiore, «Rivoluzione romantica», cimitero monumentale, la «Bottega» Donizetti.

Ovviamente la voce e la vocalità si sono stagliate vibranti, con gli interventi di Carmela Remigio ( Anna Bolena, e in Raffaella Carrà, era vestita Roberto Coin, da Curnis) Roberto De Candia - che ha regalato un passo di Alfredo il Grande - Javier Camarena con la «Furtiva lagrima» ripresa furtivamente da qualche cellulare - proposta dal giovane Omar Mancini, frutto della Bottega. O ancora l’elegantissima mezzosoprano Raffaella Lupinacci, tutti fedelmente affiancati dal fidatissimo Giulio Zappa, direttore artistico della Bottega.

I premi ricevuti (dalla critica nazionale e internazionale) sono stati un modo per affermare il primato qualitativo del Festival, tanto da far dire «siamo stati premiati per una volta noi, non la Scala quindi abbiamo fatto uno spettacolo più bello»

Difficile ripercorrere tutte le tappe forme e colori proposte per i questi 10 anni, ma lo spettacolo-narrazione guidato col noto magistero da Micheli lo ha fatto, a passo serrato. I premi ricevuti (dalla critica nazionale e internazionale) sono stati un modo per affermare il primato qualitativo del Festival, tanto da far dire «siamo stati premiati per una volta noi, non la Scala quindi abbiamo fatto uno spettacolo più bello». Un brivido, come un fulmine prolungato, è stato il ricordo del Covid della Messa da Requiem al Cimitero Monumentale, con i posti a sedere diradati nel pieno di una tragedia impensabile e violenta. La voce «corale» delle note sacre di Donizetti, gli accordi come percussioni ferali hanno vibrato nel silenzio anche ieri sera tra i circa novecento accorsi per l’ultima serata del direttore artistico.

Il lungo applauso per Micheli

Tanti gli artefici, tra la politica (Gori e Ghisalberti) e nel cantiere, davanti e dietro il palcoscenico, dalla comunicazione di Floriana Tessitore all’educational di Michela Mannari, al direttore di produzione Mauro de Santis con le rispettive squadre, al saluto del direttore e amico bergamasco Corrado Rovaris. Il momento più forte è giunto infine, lunghissimo, con un interminabile applauso - Micheli a lungo commosso, la mano sugli occhi - tra i «bravo» e i «grazie». Infine, con un colpo di teatro degno di Gaetano si è chiuso in festa, tutti in piedi a scandire le note dei Supertramp. Il Festival prosegue sabato 30 e domenica 1 dicembre con le ultime repliche di Don Pasquale e Zoraida di Granata.

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