Da Auschwitz ai luoghi di Wojtyla: «Andare nella direzione dell’amore»

IL PELLEGRINAGGIO. La visita al campo di concentramento, poi sulle tracce di San Giovanni Paolo II: «Capire Il valore della vita»

La più buia pagina della storia. È proseguito così, giovedì 26 settembre, il pellegrinaggio diocesano presieduto dal vicario generale, monsignor Davide Pelucchi: un viaggio che sta attraversando il sud della Polonia, terra di San Giovanni Paolo II. Giovedì i 50 pellegrini bergamaschi sono partiti da Częstochowa in direzione Oświęcim, nome polacco della località in cui, durante la Seconda guerra mondiale, i nazisti edificarono la più grande macchina di morte mai vista: il campo di concentramento di Auschwitz.

La visita

Nel corso della mattinata il gruppo ha visitato il campo principale, «Auschwitz I», e il poco distante campo di Birkenau, accompagnati da alcune guide locali tra i diversi blocchi in cui morì oltre un milione di persone. In questo numero spropositato di vittime c’è anche San Massimiliano Kolbe, francescano polacco che sacrificò la sua vita nel campo, salvando quella di un padre di famiglia. Sosta anche al «Muro della morte», di fianco al blocco 11, luogo in cui venivano eseguite le fucilazioni dei prigionieri. Al termine della visita, a Birkenau, un piccolo momento di riflessione e preghiera.

«Non c’è esperienza più toccante che guardare in faccia la morte per capire quale è il valore della vita»

«La morte – ha osservato don Luca Della Giovanna, direttore dell’Ufficio diocesano per la Pastorale dei Pellegrinaggi – qui era una porta liberante», quasi invocata «perché tutto questo finisse il prima possibile. Quindi possiamo capire che cosa significa non avere più speranza», in un luogo in cui la morte era «un processo perfezionato di annientamento della persona». «Non c’è esperienza più toccante che guardare in faccia la morte per capire quale è il valore della vita – ha aggiunto il direttore dell’Ufficio diocesano per la Pastorale dei Pellegrinaggi –. La cosa più triste è che purtroppo Auschwitz non è finita qui: in altre forme e modi siamo venuti a conoscenza di altri genocidi e tante altre forme di violenza, meno sofisticate di questa, ma che continuano».

Nella terra di San Giovanni Paolo II

«Una cosa che Papa Giovanni Paolo II ci ha insegnato è essere in grado di trasformare il destino in destinazione»

Nel pomeriggio l’arrivo a Wadowice, paese natale di San Giovanni Paolo II (al secolo Karol Józef Wojtyła), e la celebrazione della Messa nella parrocchia dove il futuro Papa venne battezzato e ricevette i sacramenti della Comunione e della Cresima. «Una cosa che Papa Giovanni Paolo II ci ha insegnato è essere in grado di trasformare il destino in destinazione», ha sottolineato monsignor Pelucchi nell’omelia. «Il destino sembra quasi deciso, una cosa non modificabile: la destinazione è lasciata invece alla nostra libertà. Possiamo decidere con libertà di dare una destinazione nuova al destino». L’esempio viene da tre momenti della vita del pontefice polacco. Innanzitutto, quando a 21 anni, rimasto solo al mondo, «anziché andare nella direzione della rabbia, del risentimento e dell’odio, va nella direzione dell’amore», diventando sacerdote. Il secondo episodio ricordato dal vicario generale risale al 1960, in pieno regime sovietico, quando Wojtyła era vescovo ausiliario di Cracovia. Gli abitanti di un nuovo quartiere della città desideravano costruire una Chiesa, ma il regime glielo impediva. Così, Giovanni Paolo II «decise di celebrare una Messa all’aperto la notte di Natale». L’ultimo episodio è quello dell’attentato che lo colpì il 13 maggio 1981, durante un’udienza generale, a 61 anni: due colpi di pistola lo ferirono gravemente.

Il «Papa pellegrino» sopravvisse: «La cosa straordinaria – ha evidenziato monsignor Pelucchi – è che il 27 dicembre 1983 andò in carcere per dire al suo attentatore che lo perdonava. Ha trasformato un destino in una destinazione, in un’offerta d’amore».

Dopo la Messa l’ingresso alla vicina casa-museo dei Wojtyła, nella piazza dedicata al Santo Papa, per un percorso storico-pastorale lungo i grandi avvenimenti del suo papato.

L’arrivo a Cracovia

«La storia della salvezza è la chiave interpretativa di tutte le storie, famose e sconosciute, di persone importanti o umili. La storia della salvezza è la vera storia che attraversa le storie umane». Questa la riflessione del vicario generale della Diocesi monsignor Davide Pelucchi che venerdì 27 settembre ha celebrato la Messa nella chiesa dei Santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista a Cracovia, i n cui vennero in visita Papa Giovanni Paolo II, da arcivescovo della città polacca nel 1977, e Papa Francesco, in occasione della Giornata mondiale della gioventù nel 2016.

La giornata di venerdì 27 settembre per i 50 pellegrini bergamaschi che partecipano al pellegrinaggio diocesano in Polonia è stata dedicata alla visita di Cracovia, in particolare della città vecchia con alcune delle sue principali costruzioni. Tra queste la cattedrale di Wavel, in cui nel 1958 Karol Wojtyla ricevette l’ordinazione e nella cui cripta celebrò la sua prima Messa il 2 novembre 1946, e la piazza del Mercato. Nella sua riflessione monsignor Pelucchi è partito da un film del regista polacco Krzysztof Zanussi, «Da un paese lontano», dedicato alla figura di San Giovanni Paolo II, uscito nel 1981, tre anni dopo la sua elezione a pontefice. Il film inizia con un episodio a prima vista marginale della vita di Wojtyła: una Via Crucis a cui partecipò a sei anni a Kalwaria.

«Il regista – ha spiegato il vicario generale – ha cercato di dare il significato profondo nella storia di Giovanni Paolo II. Per interpretare la vita di Wojtyła non bisogna fermarsi alla superficie della storia, perché c’è una storia più profonda che abita la storia più in superficie. È la storia della salvezza: una storia che dice il senso della storia. La storia della salvezza è la vera storia che attraversa le storie umane». E qual è l’interpretazione? Il bambino, futuro Papa, «incarnerà tutta la storia della Polonia, che è stata una Via Crucis. Ci sono state potenze diverse, invasori, stragi, campi di concentramento, sofferenze e incomprensioni. La storia della Polonia è certo la storia dei drammi che ha vissuto, ma dentro c’è una storia della salvezza». Proprio questa è la consolazione dei cristiani: «Dio è entrato nella storia, siamo dentro a una storia che è stata abitata e continua a essere abitata da Dio stesso». Dopo pranzo i pellegrini hanno fatto visita al complesso delle miniere di sale di Wieliczka, patrimonio dell’Unesco.

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