Commissione europea, l’asse ora va a destra

EUROPA. Ursula von der Leyen arriva a comporre la sua squadra modificando non poco l’orientamento politico che seguirà nei prossimi anni.

È sicuro che in questo momento nell’alveare della politica italiana l’argomento più gustoso della discussione sia a chi toccherà il ministero di Raffaele Fitto, poltrona di serie A per le competenze sul Pnrr e i tanti fondi in dotazione. Discussione che potrebbe essere frustrata da Meloni mediante una distribuzione di deleghe piuttosto che un problematico minirimpasto, tutte cose che stanno facendo salire la tensione dalle parti di Forza Italia e Lega. Eppure in questo momento ciò che conta davvero è quanto accaduto in Europa con la conclusione della battaglia che si è scatenata intorno al nome del politico pugliese e alla sua collega socialista Ribera: i popolari hanno accettato l’ambientalista spagnola Teresa Ribera pur di difendere il conservatore italiano Fitto, e viceversa. Ma, dopo settimane di scontri e di ricatti reciproci all’interno della cosiddetta «maggioranza Ursula», questo compromesso ha spostato a destra l’asse della nuova Commissione che invece era nata come una coalizione di centrosinistra. Infatti quando il Parlamento europeo, il 27 novembre, voterà in seduta plenaria l’intera Commissione, la sinistra di Verdi e M5S italiani e parecchi socialisti francesi e olandesi voteranno contro e risulteranno così determinanti i voti dei parlamentari italiani di Fratelli d’Italia e dei polacchi del Pis, per cui di fatto Ursula von der Leyen arriva a comporre la sua squadra modificando non poco l’orientamento politico che seguirà nei prossimi anni.

Il tema delle politiche ambientali

Questo sarà determinante per la politica green, per il destino del Green deal e per le tappe della decarbonizzazione che vengono da tempo messe in discussione dai partiti moderati, conservatori e di destra dei 27 Paesi perché considerate dannose per il sistema industriale europeo (vedi l’automotive, in crisi ovunque). Se poi Teresa Ribera, convinta ambientalista spagnola dovesse essere coinvolta nelle inchieste sulle alluvioni di Valencia , i popolari ne chiederanno immediatamente le dimissioni, e questo indebolirebbe ancor di più il profilo green della nuova Commissione. Fitto in tutto ciò esce vincitore dallo scontro sul suo nome: sarà vice presidente esecutivo - anche se chi conosce i meccanismi europei sa bene che si tratta di cariche non determinanti in sé - e ha delle deleghe di un certo peso come la coesione e le riforme. Con lui gioisce Giorgia Meloni che parla di vittoria dell’Italia e di conferma della sua centralità politica. Meloni esulta a ragione: proprio sul nome di Fitto lei adesso ha conquistato una posizione determinante che non aveva, e questo è un obiettivo successo tattico-politico.

I problemi del Pd

Viceversa il compromesso raggiunto sta creando non pochi problemi al Pd accusato da sinistra, AVS e M5S, di aver spinto molto per convincere gli altri socialisti e riformisti, soprattutto francesi e olandesi, a mandare giù il rospo, ad accettare Fitto pur di difendere Ribera. Questo è considerato da Fratoianni, Bonelli, Conte come una sorta di «tradimento» e la spaccatura sarà molto evidente a tutti quando il 27 novembre i democratici voteranno a favore della von der Leyen come Meloni mentre i verdi e i grillini diranno il loro no. C’è però chi ha notato che qualche giorno fa, quando le trattative erano ancora in alto mare e le discussioni infuriavano, che a Roma il Capo dello Stato ha ricevuto al Quirinale proprio Raffaele Fitto: quasi un viatico, di sicuro qualcosa che ha pesato sull’atteggiamento di un partito istituzionale come il Pd che però adesso è costretto a pagarne le conseguenze. Proprio ora che la vittoria elettorale in Umbria e in Emilia Romagna poteva far sperare in una ripresa della collaborazione tra le varie forze del defunto «campo largo».

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