Ciao Marco, già un anno. Impossibile abituarsi a quella scrivania vuota

IL RICORDO. La redazione de «L’Eco di Bergamo» ricorda Marco Dell’Oro, morto un anno fa, il 30 dicembre 2023.

Un anno dopo, nessuno ha toccato la sua piccola collezione di copertine del settimanale «Domenica», che aveva creato e curato come una sua creatura. E Marco Dell’Oro, che ci lasciava un anno fa (il 30 dicembre 2023), con un pizzico di timida vanità aveva appeso una dopo l’altra quelle copertine in una delle salette della redazione. Tutto perfettamente simmetrico, erano le sue preferite. Un anno dopo, quelle copertine ci dicono ancora tanto della cura, dello scrupolo, del pensiero che Marco metteva nel suo lavoro di tutti i giorni, così come nella confezione dei numeri del «Domenicale».

La sua non è un’assenza alla quale ci si può abituare. Marco era un uomo di cultura profondissima, un intelletto vivo e veloce, capace del pensiero più alto come della risata più incontenibile, anche di fronte a certe guasconate che, in tante ore di redazione, giorno dopo giorno, possono capitare, e magari anche devono capitare

La sua non è un’assenza alla quale ci si può abituare. Marco era un uomo di cultura profondissima, un intelletto vivo e veloce , capace del pensiero più alto come della risata più incontenibile, anche di fronte a certe guasconate che, in tante ore di redazione, giorno dopo giorno, possono capitare, e magari anche devono capitare. «Che satanasso», era il suo commento classico, davanti a una battuta particolarmente riuscita, che poi non si capiva mai quale fosse il confine vero tra il divertimento per la battuta o, magari, un sottile sarcasmo sulla medesima.

Chi ha voluto bene a Marco ha sperato, fino al 30 dicembre 2023, che l’impossibile diventasse possibile, che la sua vita potesse continuare anche a dispetto di una situazione clinica apparsa subito molto seria

«Fatemi ridere un po’», chiedeva a volte. Adorava racconti privati o di redazione, aneddoti. Li ascoltava gustandoseli, aspettando il momento in cui quel fatto avrebbe regalato un epilogo grottesco. Salvo poi ricomporsi subito per una telefonata, una notizia da affrontare e gestire. Tornava serio in un lampo. Solo negli ultimi periodi aveva un po’ smarrito la voglia di scherzare, preso dalla preoccupazione per una salute che sembrava tirargli qualche scherzo di troppo. Fino a quella sera maledetta in cui tutto sembrava essersi spento, di colpo. Poi i mesi di speranza, di cura, di visite e di vicinanza col cuore. Chi ha voluto bene a Marco ha sperato, fino al 30 dicembre 2023, che l’impossibile diventasse possibile, che la sua vita potesse continuare anche a dispetto di una situazione clinica apparsa subito molto seria. E invece proprio un anno fa, a metà pomeriggio, in redazione un telefono è squillato, e dall’altro capo del filo stavolta la notizia era lui, Marco, che non c’era più, che aveva finito di lottare, che era partito per l’ultima volta, come quando annunciava sottovoce, aprendo lo scrigno del suo mondo privato, che il giorno dopo aveva un volo per la sua adorata Parigi. Adorata non meno della sua Costa Azzurra, dove conosceva ogni angolo e sulla quale godeva nel dispensare consigli esclusivi, per farti fare un’esperienza lontana dai giri più battuti.

Marco è partito un anno fa ma qui, ogni tanto, sembra ancora di sentirlo «suonare» la sua tastiera, o sembra ancora di sentirlo parlare quel perfetto francese di cui era orgoglioso

Marco è partito un anno fa ma qui, ogni tanto, sembra ancora di sentirlo «suonare» la sua tastiera, o sembra ancora di sentirlo parlare quel perfetto francese di cui era orgoglioso. Già un anno, Marco. E spiace dirtelo, ma la tua Juve ti farebbe ancora disperare, proprio come quando non riuscivi a guardarla in tv. Ci manchi, tanto.

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