L'Editoriale
Venerdì 27 Settembre 2024
Campo largo e voto Rai, due visioni diverse
ITALIA. Come si sapeva da giorni, nella votazione per l’elezione dei quattro componenti del consiglio di amministrazione della Rai di nomina parlamentare, il cosiddetto «campo largo» della sinistra si è diviso: i partiti sono andati ognuno per conto proprio.
Da una parte il M5S e Avs, dall’altra il Pd con Italia Viva. I primi hanno partecipato al voto eleggendo i loro due rappresentanti (il pentastellato Alessandro Di Majo e Roberto Natale, già portavoce di Laura Boldrini, per Sinistra e Verdi); i secondi hanno rifiutato il voto e non hanno eletto nessuno di loro gradimento. Si sono scontrati così due visioni tattiche e due diversi interessi. A Giuseppe Conte interessava mantenere la posizione che già aveva all’interno del consiglio di amministrazione mentre Bonelli e Fratoianni volevano conquistare uno spazio a loro finora precluso a vantaggio del Pd. La motivazione di questa linea è molto chiara: «Non possiamo lasciare la tv di Stato in mano solo ai partiti della maggioranza».
Sulla base di queste due impostazioni divergenti il campo largo si è spaccato come una mela. Da notare che in un primo momento i partiti della sinistra erano tutti d’accordo nell’astenersi dal voto: ora che il patto si è rotto ovviamente c’è spazio per mille sospetti
Il Pd – o meglio, la segretaria Elly Schlein e la sua maggioranza – la pensava diversamente: meglio scegliere una linea aventiniana, dichiarare di non voler avere nulla a che spartire con la maggioranza nella gestione di viale Mazzini e protestare perché l’Italia non ha una normativa che sia adeguata al Freedom Act europeo che stabilisce alcuni principi di pluralismo del servizio pubblico radiotelevisivo che da noi non sarebbero rispettati.
Il campo largo
Sulla base di queste due impostazioni divergenti il campo largo si è spaccato come una mela. Da notare che in un primo momento i partiti della sinistra erano tutti d’accordo nell’astenersi dal voto: ora che il patto si è rotto ovviamente c’è spazio per mille sospetti.
La domanda è: questo patto reggerà almeno nella sua seconda fase? Domanda interessante perché sarà rivelatrice dello stato di salute di un’alleanza, quella dell’opposizione, che trova sempre meno punti di convergenza
La maggioranza, attraverso il governo, ha indicato – come vuole la legge vigente – sia l’amministratore delegato (Gian Paolo Rossi) sia la presidente (Simona Agnes). Essendo quest’ultima una figura di garanzia, deve però essere votata con una larghissima maggioranza in Commissione di Vigilanza Rai. Ma, pallottoliere alla mano, ad Agnes mancano due voti. Il patto del centrosinistra prevedeva anche in questa votazione una linea aventiniana: tutti i commissari di Pd, M5S, Avs e Italia Viva dovrebbero uscire per impedire alla Agnes di essere eletta (e stoppare eventuali aiuti sottobanco sempre possibili col voto segreto). La domanda è: questo patto reggerà almeno nella sua seconda fase? Domanda interessante perché sarà rivelatrice dello stato di salute di un’alleanza, quella dell’opposizione, che trova sempre meno punti di convergenza.
Il referendum
Sulla Rai si è detto – e quando si parla della tv di Stato il clamore è d’obbligo – ma non bisogna dimenticare le divergenze sul referendum che riguarda la cittadinanza (firmato dal Pd ma non dal M5S). E soprattutto la diversità di opinioni in politica estera sull’aiuto da dare agli ucraini attaccati da Putin . Il Pd, sia pure con qualche tentennamento che si è visto di recente nella votazione al Parlamento europeo sull’uso di armi occidentali anche verso il territorio russo, condivide l’invio di armi a Kiev e non ha mai fatto mancare il sostegno parlamentare alla linea scelta dal governo. Viceversa Giuseppe Conte chiede che l’Italia smetta di inviare materiale bellico a Zelensky. Come si vede motivo per discutere ce n’è parecchio.
Per tornare alla Rai, questa volta dal lato della maggioranza, i tre partiti di governo ora dovranno affrontare il «caso Agnes» e cercare i voti che le mancano. Si appelleranno ai grillini?
Nel frattempo, come vogliono le norme e i regolamenti, a presiedere l’azienda dovrebbe essere il consigliere più anziano che corrisponde al nome di Antonio Marano, di estrazione leghista.
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