«Buon primo giorno di scuola con passione, come 65 anni fa»

LA STORIA. Gisella Covelli iniziava la sua carriera di maestra nel 1959, a Onore. Con lei il marito Sergio Poloni. «C’era grande entusiasmo, rispetto e le famiglie riponevano piena fiducia in noi».

«Il mio primo giorno di scuola? Ricordo poche cose, sono passati tantissimi anni... C’era l’emozione e un dettaglio, nitido: la mia compagna di banco che aveva il papà in guerra e mi disse “Tornerà”». Per Gisella Covelli ci sono stati innumerevoli primi giorni di scuola, vissuti da alunna prima e da insegnante in seguito. Tantissimi perché per una donna di 86 anni non può che essere così. Ognuno con il suo carico di responsabilità «ma anche di gioia – racconta –: della scuola conservo ricordi bellissimi» e non lo dice perché ha condiviso per trent’anni questo meraviglioso e difficile mestiere con suo marito, insegnante come lei. No, della storia d’amore che ha fatto ritrovare Gisella Covelli di Songavazzo e Sergio Poloni di Fino del Monte sui banchi di scuola al «Secco Suardo» di Bergamo e li ha poi portati a sposarsi e costruire una famiglia, per pudore lei preferisce non parlare («Sono cose personali, con la scuola c’entrano poco», precisa quasi a voler correggere la piega che si prepara a prendere il discorso).

In cattedra anche a Fino e Castione

I «ricordi bellissimi» sono legati «ai miei alunni: quanto erano interessati, educati, rispettosi!» dice trovando il pieno consenso del marito. Chi ha avuto la maestra Gisella in cattedra, forse si riconoscerà in questo ritratto. O forse no, il passar degli anni può rendere dolci anche le situazioni più normali e magari quegli stessi allievi un po’ scalmanati lo erano. Sta di fatto che per la maestra Covelli i suoi alunni di Onore, Fino del Monte, Castione e poi di nuovo di Fino (in rigoroso ordine cronologico di destinazione da quel lontano 1959 in cui lei vinse il concorso insieme al marito suo coscritto e iniziò la carriera di insegnante) erano la miglior platea di bambini che si potesse desiderare.

«Arrivati a Onore – ricorda parlando al plurale perché con lei c’era proprio il futuro marito –, eravamo maestri neodiplomati, giovani, abbiamo portato una ventata di novità che ha riscosso l’entusiasmo dei bambini». Così le lezioni magari un po’ «ferme» alle quali erano abituati gli alunni negli anni precedenti, con altri insegnanti, hanno ceduto il passo al «gioco, al canto – elenca –, alla recitazione, oltre naturalmente alle altre materie canoniche. Inoltre spesso proponevamo uscite fuori dalla scuola, vedevamo il loro entusiasmo». E così era iniziata una carriera durata per questa maestra trent’anni e per Poloni 41, visto che ha insegnato fino al 2000: a Onore il primo anno, poi a Clusone, Dorga, Castione e Fino del Monte, fino a diventare direttore (oggi si dice dirigente scolastico) vicario a Rovetta. «Anzi no – precisa Poloni: prima dell’incarico a Onore avevo iniziato con una supplenza a Clusone in una classe di ripetenti, erano 18 ed era un esperimento». Promossi tutti? «Tutti, erano in terza e sono passati all’anno successivo».

Nel 1959, freschi di concorso, l’ingresso per entrambi alla scuola di Onore: «I bambini della pluriclasse di terza e di metà quarta a cui insegnavo io – racconta Gisella – e quelli di quinta e della restante parte di quarta con Sergio stavano sempre attenti. Per loro, anche se avevamo soltanto dieci anni di più, eravamo dei giganti e da parte delle famiglie avevamo il pieno rispetto. Bisogna ricordare infatti – precisa Covelli – che ai tempi i papà erano per il 90 per cento emigranti, quindi erano le mamme a seguire i figli, ce li affidavano a scuola con totale fiducia. Mi ricordo che il primo giorno di scuola avevo appena finito di mettere in fila i ragazzi e una signora si è rivolta a me con un “O poerìna (O poveretta)”, era preoccupata per me. Dopo due-tre giorni è tornata e mi ha detto: “La fa bé, la fa bé (Fa bene, lavora bene)”» dimostrando il consenso suo e non soltanto per l’operato di quella poco più che ventenne.

Altri tempi. Suono della campanella, il maestro o la maestra entrava in classe, «poi il buongiorno, la preghiera del mattino perché allora si usava così, e si iniziava la lezione. La cosa forse carente era che questi bambini, era normale per quell’epoca nelle valli, parlassero praticamente soltanto bergamasco» e si può comprendere il ruolo di responsabilità, il cambiamento culturale che questi maestrini erano chiamati a introdurre nei paesi.

Le grandi imprese: Gagarin

I tempi moderni correvano, il mondo cambiava e in quelle quattro mura della scuola elementare ci si affacciava a spiare, ammirati, le grandi imprese. «Penso che a Onore ci fosse un solo televisore ai tempi, era al bar – continua Gisella pescando dal mare dei ricordi – e il giorno in cui Gagarin portò a termine la sua missione in orbita intorno alla Terra noi eravamo lì a seguirla, tutti insieme al bar». Era il 12 aprile 1961 e Onore sembrava tanto vicina a quel cosmonauta poi nominato, in piena guerra fredda, «eroe della grande Russia». Sempre nel 1961, ricorda Covelli, «divenne obbligatoria la frequenza fino alla terza media. Da noi tutti i bambini arrivavano alla quinta, ma poi non tutti frequentavano le medie: non c’era il pullman per Clusone e così alcune mamme venivano da noi preoccupate a chiederci di tenerli ancora un anno in quinta. “’Se foi? (Cosa faccio?)”, ci chiedevano. E così venivano bocciati senza meritarselo, ma guadagnavano un anno di scuola». Altri tempi davvero.

Passano gli anni, da Onore a Fino del Monte Covelli viene destinata a Castione «e lì rispetto ai 25-26 bambini della pluriclasse di Onore erano di più – ricorda –: 36 alunni di una terza, una classona. Erano felici, anche lì come in tutti i plessi dove ho insegnato non ho mai avuto una discussione, si lavorava in pace e bene, invece oggi sento che in classe bisogna misurare le parole...».

Quei bimbi oggi sono nonni

I bambini di quel primo giorno di scuola da maestra, nel 1959, oggi sono nonni: «Hanno 73 e 74 anni, era la classe 1950 e 1951 e con molti di loro siamo rimasti legati, ogni tanto si ripresentano, però devono dirci nome e cognome: riconoscerli sarebbe davvero difficile». Un rapporto che attraversa il tempo e le generazioni e chissà quante migliaia di nostri insegnanti ormai in pensione conoscono. C’è chi ancora oggi si segna sul calendario il giorno del compleanno di questo o quell’ex alunno, e quando il giorno arriva non dimentica la telefonata di auguri. Ci sono maestre che per una vita hanno inviato mazzolini di fiori all’allieva di turno che si sposava, e poi alle loro figlie e poi alle nipoti. E, anche, classi di studenti ormai cresciuti che per il loro 50° o 60° compleanno si «regalano» una rimpatriata con la maestra del cuore.

Un piccolo mondo antico fatto di rispetto e riconoscenza che si rinnova di anno in anno, a ogni primo giorno di scuola, quando l’anno ricomincia e accoglie il suo gruppo di «primini» da far crescere. Giovedì 12 settembre ne comincia un altro. «Cosa auguriamo a chi vivrà il suo primo giorno di scuola? Sappiamo che è una scuola diversa da quella che abbiamo vissuto noi, con altri problemi e difficoltà – affermano insieme i maestri Sergio e Gisella –, ma con impegno e passione ognuno la può rendere stupenda, insegnanti e alunni insieme». Come sessantacinque anni fa.

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