Borse, il calo era nell’aria dopo la corsa dei mercati

MONDO. Il forte calo delle Borse degli ultimi giorni, che non definirei un crollo, non era inatteso ma comunque, nell’impossibilità di prevedere esattamente i tempi dei movimenti dei mercati, ha suscitato sorpresa e allarme.

Non bisogna farsi abbagliare dal brevissimo periodo ma considerare un orizzonte più ampio e se adottiamo anche solo un intervallo di un anno il quadro è piuttosto diverso: i mercati avevano corso tanto, raggiungendo quotazioni davvero insostenibili, e quindi quello che accade ora può essere visto come un aggiustamento. L’indice globale di riferimento, l’S&P 500, ad agosto 2023 era a 4.100 punti, aveva raggiunto il livello di 5.600 e ha ritracciato a 5.300. Più significativo ancora è notare che questo indice, che riassume l’insieme delle principali azioni di tutto il mondo, resta praticamente al doppio del livello di prima della pandemia del 2020. E così il Nasdaq, conosciuto come il listino dei titoli tecnologici, è raddoppiato rispetto a inizio 2020: un anno fa era a 12.500, è aumentato fino a 18.600 e ora è tornato sui 16.700. Un po’ più blandi i movimenti in Europa, con l’indice dei maggiori titoli del continente ancora a +18% e l’Italia, per quanto poco significativo sia ormai il nostro mercato, è ancora a 5.000 punti in più di un anno fa.

L’indice più interessante, però, è quello della volatilità, in VIX, che qualcuno chiama l’indice della paura. Esso misura l’intensità delle variazioni dei prezzi, in un senso e nell’altro, ed esprime proprio la tranquillità o l’inquietudine dei mercati. E non a caso, ha conosciuto un’impennata proprio da metà luglio, addirittura schizzando da 10,6 a 29,6, un livello paragonabile a quello del 2008. Ecco perché il calo non era inatteso: era preannunciato dall’aumento della volatilità.

Che cosa abbia scatenato le vendite è abbastanza noto: risultati insoddisfacenti di alcune delle maggiori società, lo scenario geopolitico, i timori di una possibile seppur blanda recessione. Nulla di drammatico ma sufficiente a scatenare il ribasso che era nell’aria.

E allora che fare? Più che le geografie bisogna guardare i settori. In questi giorni stanno pagando quelli che più avevano corso negli ultimi mesi e negli ultimi anni: le banche, i media, che comprendono i social e altre società simili, la tecnologia. Attenzione però, in questo settore rientrano tantissimi rami, fra cui la ormai fatidica intelligenza artificiale, arrivata a quotazioni assurde e oggi in forte calo, e altre società non così sugli allori ieri e quindi più stabili oggi. Diversamente, l’automotive aveva già scontato un calo e oggi paga scelte politiche contraddittorie dell’Europa.

Il risparmiatore che non vuole rimanere inerte a subire gli eventi, senza peraltro farsi contagiare da una paura che a oggi sarebbe ingiustificata, dovrebbe considerare più che altro la composizione settoriale del suo portafoglio ed eventualmente aggiustarla in funzione di quello che gli esperti chiamano «rotazione»: in una gara ciclistica si direbbe che passa qualcun altro a «tirare». Ciò alla luce degli obiettivi dell’investimento, che cambiano da soggetto a soggetto, e che devono informare la corretta composizione del portafoglio: quanto deve assicurare un flusso cedolare e quando invece prospettare una rivalutazione nel medio periodo? Tenendo presente che negli ultimi 40 anni, a lungo andare l’investimento azionario ha quasi sempre battuto quello obbligazionario. Anche se ci allontaniamo dai valori massimi, l’aumento degli scorsi anni dovrebbe averci permesso di mettere un bel po’ di fieno in cascina che ci rende più sereni nel compiere eventuali scelte di aggiustamento del portafoglio.

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