L a fase finale della supercoppa italiana aveva imposto lo stop all’Atalanta, bloccata a Zingonia per tredici giorni senza nessuna gara ufficiale da giocare. Un vero peccato visto lo stato di forma eccezionale mostrato dai nerazzurri nella partita interna vinta, o meglio stravinta, contro il Frosinone di Di Francesco lo scorso 15 gennaio. Il tecnico di Grugliasco ha comunque avuto modo di lavorare con il gruppo quasi al completo, ed i risultati si sono potuti apprezzare nei primi 46 minuti di gara, quelli che sono serviti ai nerazzurri per liquidare la pratica Udinese. La squadra di Cioffi, seppur non abbia di certo lesinato dal punto di vista dell’impegno, è sembrata la copia sbiadita della squadra che soli sette giorni fa aveva creato immense difficoltà al Milan di Pioli. I bianconeri hanno disputato una gara rivedibile sotto diversi aspetti che tratteremo poi nel seguito di questa analisi.
Eppure l’Udinese si era presentata al Gewiss con le credenziali di una squadra in crescita, che aveva cambiato passo con l’approdo in panchina del tecnico di Firenze. I friulani nelle otto gare che hanno preceduto sul match contro l’Atalanta erano riusciti a segnare ben 14 reti (1,75 a partita), e spesso i bianconeri non avevano raccolto quanto la loro prestazione avrebbe meritato. Le statistiche del pre partita relative all’Udinese, ci descrivevano i bianconeri come una squadra reattiva (42% di possesso palla), in grado di produrre ben 11 conclusioni nell’arco dei 90 minuti (solo 2 in meno rispetto all’Atalanta). Una squadra quindi da attaccare con “equilibrio”, anche perché il dato relativo al lancio lungo (12.9% dei passaggi totali) poneva la squadra di Cioffi tra quelle in A più predisposte a scavalcare la mediana avversaria per arrivare velocemente alla conclusione. Scontato l’utilizzo delle corsie laterali, dove i quinti, Ebosele e Kamara si presentavano come due clienti particolarmente scomodi per Ruggeri ed Holm.