È un giovedì mattina di grande quiete, sulla Langa. I colori dell’autunno la accendono meravigliosamente, e il contrasto con il cielo, infinitamente grigio, suggerisce tanti pensieri al professor Caudano. Due suggestioni pressoché opposte, dalla sera precedente, lo incalzano. E convergono verso un’unica domanda, sgomenta: “Che cosa è successo, in mezzo?”. La suggestione positiva, naturalmente, è calcistica. Il buon Elvio ha quasi paura di svegliarsi dal sogno che Gasperini e la sua Atalanta gli stanno regalando. La serie di vittorie piuttosto facili, agevolata dal calendario che aveva messo in fila avversari abbordabili come Genoa, Venezia, Verona e Monza, è divenuta una sorta di trampolino di lancio, perché su quell’abbrivio la squadra è stata capace di andare a vincere 0-3 a Napoli e 0-2 a Stoccarda, peraltro contro la stessa formazione capace di vincere a Torino sul campo della Juventus, “che avrà pure in formazione un giocatore certificatamente stressato, o guarito da poco, ma che rimane comunque una grande del nostro calcio”, sibila il professore camminando fuori Murazzano. Tutto pare troppo bello: i due ultimi successi esterni, ottenuti con un’autorevolezza da grande, e quindi il dubbio che ormai l’Atalanta di Gasp grande sia, che vincere aiuti a vincere e che Dublino possa non restare un unicum. Ha letto troppa letteratura classica, il professor Caudano, per non sapere che non bisogna peccare di superbia e che la potenza della sorte può infliggere cambiamenti impensabili al destino degli umani.