C he cosa buffa e curiosa essere sfuggiti al proprio destino, perlomeno al proprio destino lavorativo… Il professor Caudano affronta con un senso di straniamento il suo settembre senza la scuola, il secondo da tanti anni in qua, ma il primo con la consapevolezza che la sua vita di docente è finita. Gli pare incredibile non dover riattraversare riti consueti e logori: le riunioni fra insegnanti in cui si dicono sempre le stesse cose e si provvede a risolvere sempre gli stessi problemi, come se le decisioni dell’anno precedente non potessero assolutamente valere in quello successivo (ad esempio, sul numero di verifiche minimo e massimo per ogni disciplina e in ogni quadrimestre; oppure, sui contenuti del test d’ingresso da somministrare nelle prime). Discussioni sempre identiche, cui lui assisteva sgomento, incredulo che potessero ripetersi con la stessa puntualità del Natale e di Ferragosto. E che taluni partecipanti potessero accanirvisi come si trattasse di temi mai affrontati, e decisivi. Via tutto, finalmente. Via la ricerca dei libri di testo, le mail ai rappresentanti, i primi Collegi docenti, i primi giorni, l’accoglienza demenziale ai ragazzini delle prime, le spiegazioni in classi nuove, la memorizzazione di nomi e cognomi. Via tutto, ma in cambio di cosa? Di un vuoto cosmico?