E ra un testacoda. Noi primi e loro ultimi, nella fascia centrale alla fine del primo grande girone di Champions. Eppure la coda ha divorato al testa. L’ha ipnotizzata, Con qualche aiuto della sorte, ma è andata com’è andata. Il professor Caudano ascolta, sconsolato fin dal secondo minuto. Poi, immagina sul filo del racconto della radio. Uno, due, tre goal dei belgi. Entra Lookman e segna al secondo pallone toccato. Il buon Elvio non si illude. Servirebbero tre reti senza subirne per andare ai supplementari. “E noi siamo cotti da tempo”. Cotti come a Udine, cotti come sabato col Cagliari, che sembrava una partita di tempi lontani. I tempi di Reja, di Colantuono e di tanti altri, i tempi dei campionati faticati fino all’ultimo. Quei pareggi interni con pochi tiri in porta, dettati più che altro dalla disperazione, nel finale. Pomeriggi di aria fredda, magari di sole tiepido, di cartucce e foglie sollevate dal vento in Viale Giulio Cesare, di dominio sterile e speranze avvelenate dal dubbio che il goal potesse sortire. E non sortiva.