Una vita felice in trattoria: «Mamma Elena» verso il traguardo dei 103 anni

LA STORIA. «Cosa cucino oggi? Apro il frigo e vedo». Dopo aver preparato manicaretti per una vita, trippa e cassoeula erano il suo forte, Adele Elena Vitali si gode la libertà d’improvvisare.

Nella casa di via Campana, a Villa d’Almè, riscalda le ossa al tepore del sole che filtra dalle finestre. Si affacciano sull’osteria che ha gestito per una vita. Letteralmente: perché ai fornelli (e non solo, faceva tutto lei) c’è stata 70 dei 103 anni che compirà il 3 maggio. «Del Ponte», si chiamava la trattoria, per la vicinanza col viadotto di Botta, e da qui sono passati ciclisti di fama internazionale, gli operai e i muratori della valle. Per non parlare dei ragazzotti dei paesi vicini. Ad aspettarli, dopo le serate di bisboccia, c’era sempre un piatto di pasta pronto. «Anche se non avevano un soldo in tasca, sapevano che la porta era sempre aperta», racconta quella che per tutti era «mamma Elena». Una donna tostissima, dallo sguardo azzurro, che ha lavorato per una vita senza lamentarsi mai, «perché ero contenta di quello che facevo».

La vita

Sesta di nove figli, nasce a Botta nel 1920. E impara presto a rimboccarsi le maniche. «Sono rimasta orfana di mamma a dieci anni. Lei gestiva la trattoria “La campagnola”, e sono cresciuta facendo l’oste. Quando è mancata, mio papà mi ha spedito in città, a Bergamo, a lavorare in una bottega per ripagare un debito di due damigiane». Due anni «alla pari», lontano dalla famiglia, in cui si fa le ossa e già dimostra le abilità commerciali: «Trattavo sul prezzo del vino, e qualcosa riuscivo a risparmiare». Una volta rientrata a casa, trova lavoro al lanificio di Villa d’Almè ma è l’incontro con Virgilio Cortinovis, di nove anni più grande, a cambiarle la vita.

«Non ho mai avuto paura, perché mi sono sempre fatta rispettare. Lo dico ai giovani: se si è onesti ed educati si riceverà indietro sempre il rispetto. L’importante è avere voglia di lavorare, con entusiasmo, e senza arrendersi mai. Così sono arrivata quasi a 103 anni senza trovarmi pentita della mia vita»

L’amore

Galeotto fu un piatto di minestra: «La stavo cucinando e mi chiese di assaggiarla, da lì ha attaccato bottone». I genitori di Virgilio hanno anche loro una trattoria, «Del Ponte» appunto, e intuiscono subito le abilità di Elena. «Io e Virgilio siamo stati separati per un po’ perché è andato in guerra. Poi il 18 marzo 1941 ci siamo sposati: è stata una bella festa. L’abito da sposa me lo sono cucita io, con la stoffa che mi aveva regalato», ricorda mostrando la foto del matrimonio e del marito appese in cucina. Sono belli come il sole. Parte la sua carriera di locandiera: i suoceri le danno carta bianca per gestire il locale, la cui fama inizia presto a diffondersi in tutta la valle. Trippa, cassoeula, polenta e coniglio le specialità, per non parlare del salame, che produce lei stessa tenendo una decina di maiali, richiamano avventori per il pranzo di lavoro, fioccano le prenotazioni per le cerimonie. Virgilio, tornato fortemente debilitato dal fronte, muore presto, a 55 anni, ed Elena si ritrova sola a crescere quattro figli (Franco, all’epoca l’unico maggiorenne, Antonietta, Gerolamo e Gigliola, che allora aveva solo 18 mesi) e a portare avanti l’attività. Ad aiutarla la fidata Santina Gritti. «Mamma non si è mai fermata, non ha mai conosciuto giorno di ferie o di riposo, dalle 9 di mattina alle 2 di notte era sempre presente in trattoria. Non l’abbiamo mai sentita dire “sono stanca”, era sempre contenta. Con i suoi sacrifici non ci ha mai fatto mancare niente, ci ha fatto studiare, ci ha aiutati con la casa», le sono riconoscenti i figli, che se la coccolano tutta. Certo per far rigare tutti dritti, il polso era di ferro. «Quando ha scoperto che anziché andare a scuola in bici ero in giro ad allenarmi...», Franco (che diventerà ciclista professionista portando in trattoria anche Armstrong, che con «mamma Elena», la chiama così anche il campione, ha un rapporto speciale) non finisce la frase lasciando intuire come andò a finire. Elena ascolta, sorride e annuisce. Paga di un’esistenza piena, complice una buona salute: «Ho fatto anche tutti i vaccini per il Covid, ed è stato come bere un bicchier d’acqua. Non ho sentito niente», ammette.

Il segreto di lunga vita

E consegna il suo «segreto» di longevità: «Non ho mai avuto paura, perché mi sono sempre fatta rispettare. Lo dico ai giovani: se si è onesti ed educati si riceverà indietro sempre il rispetto. L’importante è avere voglia di lavorare, con entusiasmo, e senza arrendersi mai. Così sono arrivata quasi a 103 anni senza trovarmi pentita della mia vita». Ora le giornate trascorrono scandite dalle partite a carte e da qualche «pedalata» per mantenere la motricità, dalle visite dei dieci nipoti e di altrettanti pronipoti. Fino a cento anni ha guidato (e portato a Messa le amiche del paese) e letto il giornale: «In casa e in trattoria “il mio L’Eco” non è mai mancato, ora me lo faccio leggere». Come festeggerà il 3 maggio? «Per me è festa ogni volta che mi vengono a trovare i miei figli. Ma un pranzo a tutti potrò offrirlo, non sono mica a bolletta».

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