Terrorismo, 19enne fermata all’aeroporto di Orio: voleva combattere per la Jihad

L’OPERAZIONE. La Polizia di Stato ha fermato a Orio al Serio una cittadina kenyota di 19 anni accusata di arruolamento con finalità di terrorismo.

Il fermo è scaturito all’esito di un’indagine condotta dalla Digos di Milano - Sezione Antiterrorismo Internazionale e dalla Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione - Servizio per il Contrasto dell’Estremismo e del Terrorismo Esterno, culminata, nel pomeriggio di sabato 30 novembre, quando la giovane è stata fermata all’aeroporto di Orio al Serio mentre stava per imbarcarsi su un volo diretto in Turchia, paese individuato quale luogo di transito per raggiungere i teatri bellici mediorientali.

I commenti sui social

Sui social metteva le emoticon dell’iconica bandiera nera dell’Isis e scriveva «jihad (...) sta più a significare ’lotta contro i nemicì (...) non vuoi meritare il livello più alto in Paradiso?». E a chi le diceva che la guerra santa «è solo per gli uomini» lei citava «l’esempio di “Aisha”, seconda sposa di Maometto», faceva riferimenti al «suicidio a scopo terroristico» e diceva di essere una «supporter dell’Isis». È il profilo di una 19enne kenyota fermata cinque giorni fa all’aeroporto di Orio al Serio mentre si stava per imbarcare su un volo per andare a combattere in Siria, passando per la Turchia, per come emerge dall’ordinanza del gip di Milano Luca Milani.

Sui social mostrava, si legge in Ansa, una pistola giocattolo, che poi le è stata sequestrata, e in una storia su Instagram si sarebbe fatta riprendere mentre sparava «con un fucile ad aria compressa». E dalle analisi sono venuti fuori i suoi contatti «con un utente» in Turchia, tale Yusif.

La giovane kenyota è stata fermata cinque giorni fa all’aeroporto di Orio al Serio mentre si stava per imbarcare su un volo per andare in Siria, passando per la Turchia

A novembre a Malpensa

Già il 28 novembre era andata a Malpensa per chiedere informazioni per comprare un biglietto per la Turchia, sempre «vestita col niqab, che lascia scoperti solo gli occhi, con uno «zainetto» nascosto «sotto la giacca». Alla madre che le chiedeva al telefono dove fosse andata aveva risposto: «Mi dicevi che non sono tua figlia perché metto il velo?». Il 29, poi, era riuscita a prendere un biglietto «di sola andata» con partenza il giorno dopo e destinazione finale «Ankara», con uno scalo ad Istanbul.

L’indagine, avviata lo scorso mese di ottobre, è nata dal costante monitoraggio degli ambienti jihadisti radicali online, che ha consentito di individuare un profilo social aperto di video sharing nel quale venivano pubblicati, con crescente intensità, video di propaganda dal contenuto radicale in cui era ritratta una donna con indosso il niqab, successivamente identificata nella giovane keniota fermata

L’interrogatorio

Interrogata dal gip, nella giornata di mercoledì 4 dicembre, la ragazza ha raccontato che voleva andare in Turchia per sposarsi con un 23enne che aveva conosciuto sui social. Ha ammesso «di avere idee conservatrici circa la religione islamica», dicendo di essere rimasta «scossa nel vedere le immagini di uomini e donne di fede musulmana torturati e bruciati», dove ci sono «guerre e persecuzioni». Ha detto ancora che in Italia non le è «possibile lavorare indossando il niqab» e che anche per questo voleva «fuggire».

In più, ha sostenuto, riassume il gip, di condividere le idee dell’Isis su una «reazione armata», ma che non voleva andare in Siria per combattere, ma per «ammirare uomini e donne che lottano per salvaguardare il proprio credo in nome dell’Islam».

«Ostinazione evidente per la Jihad»

La «scelta» della 19enne kenyota «di partire per i teatri di guerra» non è stata «casuale e sconsiderata, ma il frutto di accordi con referenti dello Stato islamico o altre associazioni terroristiche che operano in quell’area», che «l’avrebbero inserita e arruolata» per farla partecipare alla «guerra». Lo scrive il gip di Milano Luca Milani nell’ordinanza di custodia in carcere, che ha accolto la richiesta della pm Francesca Crupi. Nell’ordinanza il giudice parla del «proselitismo e della mitizzazione dell’integralismo religioso» portata avanti dalla ragazza, che viveva a Carugate, nel Milanese, soprattutto su «Instagram e TikTok», inneggiando sempre più agli «atti di violenza contro il mondo occidentale». E della sua «ricerca spasmodica» di contatti in Medio Oriente, anche perché «i fatti di cronaca dell’ultima settimana hanno evidenziato come la Siria rappresenti oggi uno degli scenari in cui gruppi terroristici inneggianti alla Jihad risultano coinvolti in una guerra civile volta a destabilizzare il Governo locale».

La stessa ragazza, prosegue il giudice, faceva spesso riferimento «alla Muhajir», ossia «al sacrificio per la causa islamista». Sarebbe stata, secondo il gip, «completamente a disposizione della cosiddetta Jihad». E ha mostrato anche una «ostinazione evidente» nell’interrogatorio.

Indagine dallo scorso ottobre

L’indagine, avviata lo scorso mese di ottobre, è nata dal costante monitoraggio degli ambienti jihadisti radicali online, che ha consentito di individuare un profilo social aperto di video sharing nel quale venivano pubblicati, con crescente intensità, video di propaganda dal contenuto radicale in cui era ritratta una donna con indosso il niqab, successivamente identificata nella giovane keniota fermata.Ulteriori approfondimenti svolti dalla Digos della Questura di Milano hanno evidenziato come la stessa, già ospite presso una Comunità di accoglienza e proveniente da un difficile contesto familiare, stesse maturando un rapido percorso di radicalizzazione ideologico-religiosa sfociato, nell’ultimo periodo, nell’intenzione di raggiungere la Turchia per poi stanziarsi in zone occupate da formazioni jihadiste. A tal proposito, le attività tecniche hanno restituito riscontri di diversi contatti della giovane con utenze telefoniche attestate in Medio Oriente, verosimilmente riconducibili a soggetti che ne avrebbero favorito l’arrivo.

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