Cronaca / Hinterland
Domenica 19 Gennaio 2020
«Sono Lorenzo!». La cintura nera
mette al tappeto qualsiasi altra etichetta
«È molto facile accettare e amare chi è uguale a noi – scrive Luis Sepúlveda in “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare” – ma con qualcuno che è diverso è molto difficile». Lorenzo Brasi di Scanzorosciate ha 23 anni e a causa dei «disturbi di apprendimento» diagnosticati in tenera età, primo fra tutti la dislessia, ha sperimentato sulla sua pelle in molti modi che cosa significhi essere messo da parte e considerato «diverso».
Ci sono voluti tempo e sacrificio, ma con tenacia e allegria è riuscito a trasformare la fragilità in un punto di forza e adesso come maestro di judo anche di persone con disabilità, si impegna a superare pregiudizi e stereotipi con lo sport: «È un’attività che contribuisce al benessere delle persone – sottolinea – ed è adatta a tutti, per questo è importante creare occasioni, perché sia davvero accessibile, la considero un po’ la mia vocazione».
L’esempio dell’insegnante
Stretta di mano salda e sorriso contagioso, Lorenzo è iscritto al corso di «Scienze tecniche dell’unità preventiva adattata» all’Università Cattolica, e sta preparando la tesi per la laurea magistrale, dopo aver conseguito la triennale in Scienze Motorie. «Questo indirizzo di studi – spiega – mi prepara proprio a dosare l’esercizio fisico in modo che vada bene per tutti i pazienti, bambini, anziani, persone con disabilità, pazienti con problematiche a livello cardiaco o neurologico».
È una passione nata sui banchi di scuola: «Il mio insegnante di educazione fisica delle scuole medie era molto competente e disponibile: già allora avevo incominciato a chiedergli che cosa occorresse fare per diventare come lui. Sono tornato a casa e ho spiegato a mia madre che cosa mi sarebbe piaciuto fare da grande».
Le difficoltà lungo il percorso scolastico di Lorenzo sono state molte, soprattutto all’inizio: «Mi rendevo conto di non riuscire a leggere alla lavagna e facevo fatica a copiare gli avvisi. L’ho riferito ai miei genitori e loro come primo passo mi hanno portato dall’oculista, che però non aveva riscontrato alcun problema, mentre un insegnante aveva segnalato qualche difficoltà di lettura. Poi è capitato che un pomeriggio mi trovassi a casa di mia nonna con mia zia ed entrambe si sono accorte che mia cugina, più piccola di me, leggeva molto più spedita, con mio grande imbarazzo».
La diagnosi
A quel punto è risultata evidente la necessità di approfondire le indagini: dopo un periodo di osservazione, Lorenzo ha incominciato l’iter degli incontri con gli specialisti per capire quale tipo di disturbo avesse. «Mi hanno diagnosticato dislessia, disgrafia, discalculia e disortografia, il pacchetto completo – scherza Lorenzo –. Non mi sono fatto mancare niente. Quando fissavo a lungo una frase tentando di leggerla vedevo le lettere muoversi davanti agli occhi. Era una fatica riuscire a decifrarle, e far capire agli altri quale fosse il problema».
La paura dei giudizi
Secondo J. K. Rowling, l’autrice di Harry Potter, «differenze di abitudini e di linguaggi non contano se i nostri intenti sono identici e i nostri cuori aperti». Per i bambini con problemi di apprendimento e le loro famiglie, però, il percorso si presenta spesso in salita. Lorenzo non voleva che i suoi compagni di scuola fossero messi al corrente delle sue difficoltà, per il timore di sentirsi discriminato: «Mi preoccupava che la gente sapesse di questo problema, temevo i giudizi e le chiacchiere, avevo paura di essere emarginato. Ne erano al corrente soltanto i miei amici più cari. Anche per gli insegnanti a volte era complicato fornirmi gli strumenti compensativi di cui avevo bisogno, dovevano farlo con discrezione per non suscitare curiosità negli altri ragazzi. Mi concedevano l’uso del computer, tempo in più nell’esecuzione delle verifiche e mi permettevano di consultare schemi e mappe concettuali. Cercavo comunque di scrivere a mano, usando i caratteri in stampatello avevo una buona compensazione, e in genere sono stato fortunato: capivano quali erano i miei problemi e non mi facevano pesare gli errori di ortografia».
La diversità tra scritti e orali
Come spesso accade nei ragazzi con disturbi di apprendimento, c’era una notevole distanza tra le performance nei compiti scritti e nelle prove orali: «Quando dovevo esporre un argomento spesso eccellevo – spiega Lorenzo –. Qualche insegnante notando questa particolarità ha messo in discussione la necessità di usare il mio piano didattico personalizzato, così come era stato concordato. Su questi aspetti c’è ancora molto lavoro da fare per formare e sensibilizzare le persone. Comunque con pazienza siamo riusciti a chiarirci e a proseguire».
Non è stato semplice per Lorenzo decidere quale direzione prendere dopo le scuole medie: «Avevo chiaro in mente l’obiettivo di studiare Scienze Motorie, e inizialmente ho scelto il liceo scientifico, pensando che mi avrebbe dato la giusta preparazione». Dopo qualche mese, però, si è accorto che non era la scelta giusta per lui: «Mi impegnavo moltissimo, ma i risultati non corrispondevano al mio impegno. Le richieste erano alte, mi sentivo sempre in affanno e quando vedevo che in qualche materia i voti erano bassi mi sentivo molto abbattuto. Così poi è maturata la decisione di cambiare indirizzo». Non si è comunque arreso: «Ho resistito, ho terminato l’anno, sono stato rimandato in una materia e poi promosso agli esami di settembre, nel frattempo ho deciso di trasferirmi al liceo di scienze umane, e sono riuscito a portare a termine questa operazione senza perdere l’anno. Ne sono stato poi molto felice, perché ero molto interessato alle materie di indirizzo come psicologia, pedagogia e diritto».
Lorenzo all’inizio ha avuto bisogno di alcune sedute di logopedia e col tempo ha incominciato anche ad allenarsi nei modi opportuni con la lettura. «Mia madre – racconta – si è messa in contatto con l’Aid (Associazione italiana per le dislessie, https://bergamo.aiditalia.org), che le ha offerto un aiuto prezioso. Ha messo in comune percorsi e possibili soluzioni, ha avuto la possibilità di raccogliere e confrontare diverse esperienze che potessero essere utili anche a me. L’associazione spesso invita alcuni giovani con disturbi di apprendimento a presentare le loro testimonianze personali. Tra esse ricordo quella di Giacomo Cutrera che mi ha dato una fortissima motivazione e tanto coraggio: se lui si era laureato e aveva perfino scritto un libro “Demone bianco”, anch’io, allora, potevo seguire il suo esempio».
Ha cercato tecniche di studio adatte alle sue caratteristiche: «Mi avevano consigliato il lettore digitale, ma la voce di quello strumento era fredda e metallica, quindi non soddisfacente. Per fortuna mia madre mi è stata molto vicina e si è prestata per registrare con la sua lettura le pagine che mi occorreva studiare. Mi addormentavo ascoltandola, con la cuffia nelle orecchie. Continuavo spesso ad ascoltarla nel sonno. L’intonazione corretta e l’espressività rendono lo studio più efficace. Sicuramente il sostegno della mia famiglia e il buon lavoro di preparazione svolto a casa per interrogazioni e compiti in classe hanno avuto un ruolo decisivo».
Alle superiori Lorenzo studiava con un gruppo di compagni: «Ci aiutavamo a vicenda. Io offrivo il mio contributo preparando schemi riassuntivi, un’attività in cui con l’esercizio avevo sviluppato una certa abilità. Loro mi passavano gli appunti, dato che riuscivano a prenderli più velocemente e a restare al passo con le spiegazioni. È capitato che qualcuno protestasse, perché potevo portare con me gli schemi all’interrogazione, ma fortunatamente si è trattato di situazioni sporadiche».
Ammesso all’università
Finalmente è arrivato al test d’ammissione all’università: «Come strumento compensativo per la prova teorica ho avuto il 30 per cento di tempo in più, mentre nella parte atletica ho un buon potenziale e non avevo bisogno di nessun aiuto. Ricordo la felicità che ho provato scoprendo che l’avevo superato».
Anche all’università Lorenzo ha potuto contare sull’aiuto delle nuove tecnologie e sull’appoggio della sua ragazza, Katia, che è anche sua compagna di corso: «Usiamo un programma che ci permette di registrare le lezioni e di trascriverle mettendo dei segnalibri in modo da sapere sempre quando è stato spiegato un determinato concetto. Se uno di noi due salta una lezione l’altro può aiutarlo a recuperare».
Maestro di judo
L’interesse per il judo è iniziato fin dall’infanzia: «I miei genitori mi hanno portato in una palestra invitandomi a provare, non ho più smesso, e da tre anni questo impegno è diventato una professione. Adesso sono cintura nera secondo dan. Fin dagli anni delle scuole medie mi ero offerto spontaneamente come aiutante dell’allenatore con i bambini più piccoli, quando accompagnavo alle lezioni mia sorella, che ha sei anni in meno di me. L’insegnamento mi appassiona e mi diverte».
Ha tenuto il suo primo corso proprio con un gruppo di persone con disabilità: «È stata fin dall’inizio un’esperienza speciale. Avevo sette allievi con disabilità intellettiva, molti con la sindrome di Down. Ho instaurato con loro un ottimo rapporto. Adesso tengo due corsi di judo adattato, a Gorle e Ponte San Pietro, con sette allievi da una parte e cinque dall’altra. Ci troviamo insieme per fare sport, e in quel momento si annulla qualunque ostacolo e distanza. Quando parlo di me dico “sono Lorenzo” e non “sono dislessico”, e lo stesso vale per i miei allievi. So bene, perché l’ho sperimentato, che una “caratteristica” o un cromosoma in più non possono definire l’identità di una persona né esaurirla. Voglio che pensiamo agli esercizi senza mettere etichette addosso, perché so quanto sia brutto e difficile doverle sopportare. Ho provato che davvero la gentilezza, il coraggio e la speranza possono cambiare il mondo».
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