
(Foto di Bedolis)
L’OMICIDIO. Il fratello dell’uomo ucciso a Valbrembo ha portato un fiore fuori casa. Mercoledì 12 marzo l’autopsia al Papa Giovanni, il 13 saranno interrogati i due fermati. Uno ha dormito sulla Golf della vittima: «Usciti, respirava ancora».
«Era una persona tranquilla, provata dalla malattia che aveva superato e non aveva mai avuto uno screzio con nessuno». Sono poche parole quelle pronunciate dal fratello di Luciano Muttoni, che ieri ha voluto portare un fiore e un cero lasciati davanti alla porta dell’abitazione del cinquanottenne ucciso venerdì sera, in via Rossini a Ossanesga di Valbrembo.
Mercoledì 12 marzo, alle 10, all’obitorio dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, è in programma l’autopsia, disposta dal sostituto procuratore Letizia Ruggeri che coordina l’indagine dei carabinieri. Sarà eseguita dal dottor Matteo Marchesi e potrà chiarire con maggiore precisione l’orario della morte e la causa, verosimilmente un mix letale tra i due colpi inferti al capo con il calcio della pistola e poi i calci e i pugni al volto quando Muttoni era già sul pavimento e invano aveva tentato di difendersi, con conseguente dissanguamento.
Il cinquantottenne era disoccupato da diversi anni e sopravviveva mettendo in affitto per brevi periodi proprio la sua casa di Ossanesga e facendo il tassista con la sua vecchia Golf
A trovarlo, trentasei ore più tardi, ovvero domenica (9 marzo) mattina, è stata la sua fidanzata, preoccupata perché non riusciva più a contattarlo da venerdì pomeriggio. Sotto choc, ha fatto sapere di non voler parlare con i giornalisti in queste ore di dolore. Mercoledì 12 febbraio al pomeriggio, una volta terminata l’autopsia e salvo la necessità di ulteriori accertamenti, la magistratura dovrebbe dare il nulla osta alla restituzione della salma di Muttoni ai familiari per i funerali. Il cinquantottenne era disoccupato da diversi anni e sopravviveva mettendo in affitto per brevi periodi proprio la sua casa di Ossanesga (un trilocale composto da soggiorno e due camere) e facendo il tassista con la sua vecchia Golf. Attività che gli avevano comportato, in passato, anche delle denunce perché non regolarizzate (di qui il dettaglio, emerso fin da domenica, che fosse già conosciuto alle forze dell’ordine: ma, appunto, per questo genere di irregolarità).
Avevano invece diversi precedenti, sia di polizia sia penali (dunque a seguito di condanne) i due giovani fermati per il suo omicidio. Sono accusati di omicidio aggravato dalla minorata difesa della vittima, dal nesso teleologico (ovvero per aver ucciso Muttoni compiendo un altro reato, la rapina: aggravante, questa, che prevede una condanna all’ergastolo), dall’aver agito in più persone e dall’utilizzo dell’arma (la pistola scacciacani utilizzata come oggetto contundente per colpire la vittima al capo). I due fermati, il venticinquenne residente a Bergamo e il ventiquattrenne residente a Monza (città attorno alla quale comunque bazzicava da tempo anche il primo), saranno interrogati giovedì 12 marzo dal giudice per le indagini preliminari Alessia Solombrino. «Quando siamo andati via, respirava ancora», hanno detto agli inquirenti i due fermati riferendosi alla vittima. Gli investigatori ora stanno anche cercando di capire se i due fermati abbiano condiviso il loro operato con terze persone, magari in fase di pianificazione di quella che doveva essere una rapina e poi sfociata nell’omicidio, oppure dopo il delitto. Entrambi di fatto senza fissa dimora e con problemi di tossicodipendenza, il bergamasco a settembre era stato colpito da un avviso orale, il secondo. Il primo l’aveva ricevuto nel 2021 a seguito di reati contro il patrimonio, la persona e la pubblica amministrazione. Nel 2017 la condanna per rapina su un treno ai danni di un altro minore e l’affidamento ad una comunità. Da maggiorenne un cumulo di pene per reati di ricettazione. È stato affidato in prova ai servizi sociali ma non ha terminato questo periodo per via dell’aggravamento della misura e ha scontato gli ultimi due mesi in carcere a Bergamo nel 2022 . Era libero dal dicembre 2023. Anche il suo presunto complice monzese era già noto per rapine e per resistenza a pubblico ufficiale.
Il bottino della rapina sfociata in omicidio è stato di soli 50 euroe della vecchia Golf di Muttoni
I due si erano conosciuti tramite amicizie comuni a Monza: il bergamasco cercava un complice per il colpo che aveva pianificato e che, nelle sue aspettative, avrebbe dovuto fruttare loro «tanti soldi», perché ne aveva visti – ha raccontato – nel borsello della vittima in una delle ultime due occasioni in cui, con tre amici monzesi, aveva affittato (pagando regolarmente) l’abitazione di Muttoni: affitti che risalgono l’ultimo a una settimana prima dell’omicidio e il precedente a una ventina di giorni prima. Invece la vittima non aveva grandi disponibilità economiche: viveva tra problemi di denaro e di salute, con la necessità di chiedere il pacco alimentare ogni mese alla Caritas parrocchiale. Tanto che il bottino della rapina sfociata in omicidio è stato di soli 50 euro e della vecchia Golf di Muttoni, sulla quale l’italiano, dopo la rapina, ha anche trascorso la notte.
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