Marta, una luce nella malattia. L’ultimo dono è la vita di Aurora

LA STORIA. Infermiera del «Papa Giovanni», originaria di Pedrengo, si è spenta a 30 anni per un tumore. Ha fatto nascere la sua bimba 4 mesi prima di morire. «Un cuore immenso». I funerali sabato 23 novembre a Pedrengo.

Aurora ha gli occhi grandi e belli. Ha 4 mesi e inizia adesso a fare i primi piccoli versi, a sorridere alla vita. La vita che la sua mamma le ha regalato lo scorso 18 luglio, prima di andarsene. Marta Locatelli è morta mercoledì sera, a 30 anni, ma ha avuto il tempo e la forza di compiere uno dei suoi più grandi gesti d’amore: permettere alla sua bambina di venire al mondo.

Era aprile quando in gravidanza aveva scoperto, dalle analisi del Dna della sua piccola, di avere un grave tumore alle ovaie, malattia che nonostante l’operazione e le terapie con il tempo aveva attaccato anche lo stomaco. Ma alla 32ª settimana, grazie all’aiuto dei medici, ha dato alla luce Aurora, prematura ma in piena salute. «Pesava un chilo e 100 grammi», dice Bruno, il papà di Marta, con gli occhi che si illuminano pensando alla nipotina, perché parlare della perdita della sua Marta invece è ancora difficile.

Marta, infermiera per vocazione

Ma quella vita che si rinnova attraverso Aurora è una luce nel dolore più profondo, l’eredità di un amore che resta. Era così anche Marta, che nel suo lavoro da infermiera all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo era sempre pronta a prendersi cura dell’altro. «Aveva sempre voluto fare l’infermiera – ricorda il fratello Giorgio –. Io e Marta abbiamo 9 anni di differenza, ma i nostri genitori sono riusciti a crescerci nelle medesime condizioni, ci hanno sempre sostenuti in tutto.

Lei aveva interiorizzato questa voglia di essere di aiuto. Lavorava nel reparto di cardiochirurgia del Papa Giovanni e lì aveva trovato la sua dimensione. E il fatto che in questi giorni anche tanti suoi ex pazienti siano venuti a trovarla ne è una dimostrazione». Un cuore, quello di Marta, che la famiglia definisce «immenso», così come lo era la sua simpatia, la sua voglia di scherzare e di fare festa. Era anche un po’ testarda, dicono, ma sempre solare. In una sola parola, Marta era una ragazza divertente.

Il sorriso e la dolcezza che ha sempre dimostrato ai pazienti e ai colleghi, anche della Fondazione Carisma di via Gleno dove aveva lavorato in passato, sono ritornati alla famiglia nelle file di amici e conoscenti che in questi giorni sono venuti a trovarla alla Casa del Commiato di Seriate. Molti sono arrivati dall’ospedale Papa Giovanni, dove Marta non solo lavorava ma era anche in cura. «Il primario del reparto è rientrato dalle ferie per far nascere Aurora», dice Bruno. Ma la mobilitazione è stata grande da parte di tutti. «Hanno fatto tutto quello che hanno potuto – dice il papà –. Marta ha avuto tutte le cure e noi tutto il supporto umano possibile. Sono stati fenomenali, hanno avuto nei suoi e nei nostri confronti un’empatia e un’umanità incredibili».

Sabato l’ultimo saluto a Marta

Una presenza che fa bene al papà Bruno, alla mamma Bebi e al marito Nicola Vezzoli, con il quale viveva a Seriate in via Battisti. «Marta ha avuto un marito eccezionale», ci tiene a specificare il papà. Nicola c’è sempre stato, nella malattia e sempre. Entrambi originari di Pedrengo, il loro è un amore storico, che dura da quando i due avevano 15 anni. Da Pedrengo lui e da Gorle Marta, dove abitava in precedenza, si sono trasferiti quattro anni fa a Seriate. Qui avevano deciso di coronare il loro sogno di una famiglia, e con Aurora ci sono riusciti. Le comunità di Pedrengo e Seriate si stringono attorno alla famiglia per un lutto che lascia attoniti. I funerali si terranno oggi, alle 10, nella parrocchiale di Pedrengo.

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