Cronaca / Hinterland
Giovedì 02 Luglio 2020
La norma del trolley in stiva
L’Enac: ma nessun sovrapprezzo
Le norme anti contagio vietano l’uso delle cappelliere a meno che sul volo non venga garantito il distanziamento tra passeggeri.
Niente trolley a bordo. Anzi no. O meglio, ni. Enac ha prima comunicato alle compagnie il divieto di imbarcare bagagli dalle dimensioni tali da non poter trovare posto sotto il sedile. In pratica una borsetta o al massimo uno zainetto. Poi ha raddrizzato minimamente il tiro con una precisazione che forse aggiunge confusione alla confusione.
Nel bailamme dei cieli, un punto fisso però pare esserci: «Nessun costo aggiuntivo può essere richiesto dalle compagnie aeree al passeggero per l’imbarco in stiva». Che poi la prescrizione venga effettivamente rispettata è un altro paio di maniche viste le ultime acrobazie (eufemismo…) di diverse compagnie alla voce biglietti in vendita e – soprattutto – rimborsi.
Ma procediamo con ordine. L’Ente nazionale aviazione civile ha ufficialmente comunicato che «sui voli da e per l’Italia e all’interno del nostro Paese, per ragioni sanitarie non è consentito a nessun titolo l’utilizzo delle cappelliere». Ovvero i ripiani portabagagli sopra i posti, oggetto di assalto quasi all’arma bianca in qualsivoglia imbarco. «Pertanto, in merito al bagaglio a mano, si precisa che è consentito portare a bordo solo quelli di dimensioni tali che possano essere posizionati sotto il sedile di fronte al posto assegnato». Una norma «di natura sanitaria e non aeronautica» precisa Enac «con lo scopo di evitare assembramenti, movimenti a bordo e contatti tra passeggeri».
Le compagnie e i passeggeri
Una decisione conseguenza delle indicazioni dell’ultimo decreto dell’11 giugno che ha fatto saltare sulla sedia le compagnie, soprattutto quelle (come Ryanair) che fanno pagare una tariffa ad hoc per il bagaglio imbarcato. In seconda battuta Enac ha però specificato che «il divieto di utilizzo delle cappelliere è limitato ai voli dove non viene effettuato il distanziamento sociale a bordo». Viceversa, quindi «l’utilizzo delle medesime è consentito nei voli dove viene effettuato tale distanziamento». Realizzabile in concreto non mettendo in vendita il posto centrale in una fila da tre, con perdita netta di oltre il 30% della capienza. E dei soldi incassati. Quindi delle due l’una: o si rispetta il distanziamento tagliando posti oppure entrano in ballo «una serie di misure che consentono di derogare al distanziamento sociale per ottenere un maggiore riempimento degli aerei». Tra queste c’è «il divieto di portare a bordo bagagli di grosse dimensioni». Quelli che non possono che finire nelle cappelliere.
Ma la domanda è: come fa il passeggero a sapere quanti posti sono effettivamente disponibili a bordo e quindi a imbarcare o meno il bagaglio? O glielo dice la compagnia in anticipo o lo scoprirà solo a bordo. E non è un dettaglio da poco, perché ne consegue la scelta di un bagaglio piuttosto che un altro, ma anche delle cose da mettere nel medesimo. Ci sono poi cose di valore che normalmente uno non stiverebbe mai per paura di furti o smarrimenti, e anche forme di protezione del bagaglio diverse caso per caso.
Cosa succede a Orio
Nel dubbio e nell’attesa di nuovi sviluppi (le compagnie, come detto, sono discretamente imbufalite) a Orio hanno cercato di tagliare corto stoppando i bagagli imbarcati: una volta entrati nello scalo i passeggeri vengono tutti indirizzati non ai controlli di sicurezza ma ai banchi check-in delle singole compagnie per lo stivaggio. La prima conseguenza è un inevitabile allungamento dei tempi, la seconda è qualche acrobazia di troppo dei passeggeri che cercano di togliere oggetti di valore o cose che servono durante il volo, aggiungendo un po’ di caos ad una situazione già complessa di suo. Sullo sfondo, il dubbio di Michael O’Leary, patron di Ryanair: è più a rischio dal punto di vista sanitario un bagaglio imbarcato dal proprietario o uno che passa di mano in mano tra stivaggio e riconsegna sul nastro nello scalo d’arrivo? Ai posteri l’ardua sentenza. O ad Enac.
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