«In Italia per sognare un futuro migliore. Elton viveva per i suoi quattro bambini»

STEZZANO. Il dolore dei familiari dell’operaio albanese di 41 anni morto per l’infortunio a Erba. La sorella: era una persona generosa e buona. I sindacati: più sicurezza, formazione e controlli.

«Mio fratello era una persona molto buona e generosa con tutti. Aveva scelto di venire in Italia e portare qui tutta la sua famiglia per garantire loro un futuro migliore a sé stesso, a sua moglie e ai suoi quattro bambini, cui era legatissimo. Ora mi auguro venga fatta luce sulla dinamica di quello che è accaduto perché Elton non si meritava una fine così tragica». Juventila è la sorella di Elton Dema, l’operaio di 41 anni, di origine albanese, morto nel tardo pomeriggio di mercoledì all’ospedale San Gerardo di Monza per le conseguenze di un infortunio sul lavoro avvenuto lunedì mattina a Erba, nel Comasco, dove Dema era rimasto schiacciato contro un soffitto mentre lavorava su un carrello elevatore in un cantiere nell’area dell’ex Gasfire di via Fiume.

Elton, in Italia da un anno

«Lunedì era uscito di casa alle 5,30, come faceva sempre, e non ha più fatto rientro – racconta ancora la sorella –: era un gran lavoratore e aveva iniziato fin da bambino in Albania». Lo scorso anno la decisione di venire in Italia, prima per un periodo da solo, vivendo in un appartamento ad Azzano San Paolo, e poi dal luglio di quest’anno definitivamente e assieme alla moglie Bledjana e ai loro quattro figli: Endri, 13 anni, che frequente la terza media; Edita, 10 anni, in quinta elementare; Elton, 7 anni, in seconda elementare; ed Ergi, che a giorni compirà 5 anni e che non va quindi ancora a scuola.

La residenza a Stezzano

La famiglia abita in una casa al 7 di via Ponchielli a Stezzano, la stessa dove, a pianterreno, abitano anche la sorella e il cognato, in Italia rispettivamente da 17 e 22 anni, e le loro figlie. La moglie non ha un’occupazione e per questo ora la famiglia teme di non avere più entrate economiche. I tre figli maggiori della coppia frequentano dallo scorso settembre le scuole ad Azzano San Paolo, dove si sono ben integrati.

Elton lascia anche la mamma Hatije, che vive in Albania, mentre il papà Azen era morto lo scorso 27 luglio. Oltre alla sorella Juventila, Elton aveva due fratelli, uno residente in Italia e l’altro in Albania: Gazmir e Idriz. Ora la salma è a disposizione dell’autorità giudiziaria monzese, che ne ha disposto l’autopsia. «Non sappiamo ancora quando ci verrà restituito – spiega la sorella –: di certo lo riporteremo in Patria per l’ultimo saluto a Kukes, la nostra città d’origine. Aveva trovato subito lavoro perché si dava da fare: lavorava con un regolare contratto per una ditta di Grassobbio ed è stato proprio il titolare ad avvisarci di quello che era accaduto».

La condanna dei sindacati

Per qualche giorno i familiari e gli amici di Elton hanno sperato che potesse riprendersi, ma mercoledì pomeriggio il quadro clinico, già compromesso, è degenerato fino alla morte. Elton Dema era iscritto alla Filca Cisl di Bergamo. Proprio i sindacati sono intervenuti con una nota a seguito di questo ennesimo dramma sul lavoro: «È l’ennesima vittima del lavoro che la provincia di Bergamo conta dall’inizio dell’anno, la terza in tre sole settimane: dopo Valentin nel cantiere della Teb a Ponteranica, Federico in un cantiere a Pozzuolo Martesana, oggi si piange per Elton, rimasto incastrato tra il carrello elevatore e il soffitto della fabbrica in cui stava lavorando –evidenziano Valerio Cifone, di Feneal Uil, Daniel Piatti, di Filca Cisl, e Adelaide Ferrari, di Fillea Cgil –. Sulla dinamica ancora non è stata fatta luce, ma a noi interessa evidenziare che un’altra volta che una persona uscita per lavorare non farà più rientro a casa. Chiediamo un rafforzamento dei controlli e delle ispezioni nei cantieri: formazione continua e obbligatoria sulla sicurezza per tutti i lavoratori attraverso il nostro sistema bilaterale contrattuale, maggiore responsabilità da parte delle imprese che operano nel settore edile e sanzioni più severe per chi non rispetta le normative di sicurezza. Il lavoro deve essere un diritto e non una condanna».

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