Aveva perso l’uso di mani e piedi: ora si è laureata in pianoforte

La storia Francesca Martinelli ha superato uno choc di 40 anni fa a seguito di un’appendicite: «La musica ha purificato il mio dolore». Concerto il 10 agosto.

Suona. Suona. Cinque ore al giorno suona. E non per concerti al Donizetti o alla Fenice davanti a una platea di pubblico plaudente. Le sue dita scivolano leggere sui tasti bianchi e neri del pianoforte a coda, in casa, a Seriate, e rilasciano suoni diversi da quelli abituali. Sono suoni col cuore. Suona sempre Francesca Martinelli, sia perché la musica ce l’ha dentro da quando era bambina, sia perché altrimenti le sue mani inaridirebbero. Una normale appendicite 40 anni fa circa, quando era bambina di 12 anni, le ha rovesciato addosso un dramma mai più risolto.

«La musica me la sentivo dentro, come e più di una predisposizione, come una voce che mi diceva: suona, suona Francesca»

Suonava già la piccola Francesca: «La musica me la sentivo dentro, come e più di una predisposizione, come una voce che mi diceva, suona suona Francesca». E si era fatta regalare un pianoforte in casa. Poi l’appendicite, e una sorta di polineuropatia che blocca mani e piedi e le preclude qualsiasi approccio al pianoforte. Sogni infranti. Sogni svaniti. La vita ribaltata.

«Non puoi più» non esiste nel suo vocabolario

La malattia è severa, mani e piedi in enorme difficoltà, e dolore, anni di riabilitazione, da un ospedale all’altro, prova questa tecnica, prova quest’altra, un impiego in banca, due figli Alice di 24 anni e Pietro di 21, una famiglia, i genitori sempre vicini, cure anche dolorose ogni giorno. Quelle mani che accarezzavano i tasti neri e bianchi del pianoforte sono impedite. Non puoi più, Francesca.

«Vai Francesca, non guardare ai limiti ma alle potenzialità che hai»

«Non puoi più» non esiste nel vocabolario di Francesca Martinelli che dopo sacrifici, determinazione, convinzione, tenacia, dopo aver colto negli occhi e nel cuore del preclaro maestro Giovanni Bellucci quell’ostinazione che diceva «Vai Francesca, non guardare ai limiti ma alle potenzialità che hai», oggi, a 50 anni ha conseguito il Diploma accademico di primo livello al Conservatorio di Cremona. E può fare concerti. Ne ha fatti alcuni, durante il lockdown, a casa sua, in forma privata: «Ho messo un annuncio su Fb, che chi voleva poteva venire ad ascoltare dal vivo i brani che preparavo per un esame: ed è venuta tantissima gente tanto che ho dovuto fare i turni perché non ci stavano tutti in una volta». Concerti casalinghi, ma può fare anche i concerti veri, quelli con il pubblico, e uno è deciso, nella sua città di Seriate, mercoledì 10 agosto, alle 21, nella tensostruttura della biblioteca. Gliel’ha chiesto e voluto il sindaco Cristian Vezzoli che ha assistito ad una sua esibizione in casa e ha detto che un talento così non può stare chiuso fra quattro mura per il piacere di pochi ma deve essere apprezzato da tanti.

Bellucci, il maestro che l’ha travolta di fiducia

Il concerto si intitola Lettere Intime. «Un genere di pianoforte tardo romantico di dimensione cameristica, e un pezzo breve come diario del vissuto più profondo di compositore e di interprete» spiega Francesca in partenza per una masterclass con il suo nume tutelare, il maestro Giovanni Bellucci per perfezionare con lui alcuni brani del concerto. Bellucci, colui che l’ha travolta di fiducia, che le dava esercizi che sfidavano le sue possibilità obbligandola a lavorare sulla tastiera a mano aperta. Brani difficili di Liszt, Busoni, Beethoven, Chopin, Richard Strauss, Ligeti, Schubert e altri monumenti. All’esame di laurea Francesca ha eseguito brani di Schumann, Brahms, Janacek; la commissione era composta dal relatore Paolo Bonfilio, dalla correlatrice Valentina Messa; da Anne Colette Ricciardi, Loris Pezzani, Giovanna Emanuela Fornari, Giuseppe Caffi.

«L’ho cercata questa laurea, l’ho fortemente voluta, anche per fare un dispetto alla vita che mi aveva proibito il pianoforte: me lo sono ripreso»

«L’ho cercata questa laurea, l’ho fortemente voluta, anche per fare un dispetto alla vita che mi aveva proibito il pianoforte ma io me lo sono ripreso lo stesso. Ho studiato con amore e passione, non per il virtuosismo e la velocità fine a se stessi. Ho inteso la musica come purificazione del mio dolore».

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