Accoltellamento, l’uomo che ha bloccato il marito: «Era una furia, gli ho sferrato un calcio e l’ho immobilizzato»

IL RACCONTO. Stefano Lussana era sul furgone: è sceso per intervenire. «Un odio feroce. Una volta a terra mi ha detto: fammi chiamare i miei figli».

«Sembrava una furia. Mentre sferrava quei colpi alla moglie con quel coltello con la lama spezzata, nei suoi occhi ho visto soltanto un odio inspiegabile. Ancora oggi mi sembra di aver vissuto un film e mi chiedo dove io abbia trovato il coraggio di bloccarlo: non ho mai praticato arti marziali né altro. Ho sempre avuto sangue freddo, quello sì. Se lo rifarei? Certamente sì. Se ho avuto paura? Al momento no ma, a ripensarci ora, a mente fredda, di certo qualcosa ho rischiato. Per fortuna anche altri sono intervenuti come me: è stato un lavoro di squadra».

«Stavo andando a bere un caffè»

Stefano Lussana ha 42 anni e vive a Pedrengo proprio come Daniel Manda. Di professione artigiano elettricista, installa impianti di videosorveglianza. La mattina dell’Epifania non stava lavorando e, al volante del suo furgone, era andato come di consueto a bere un caffè al bar di Seriate che frequenta. Sulla strada del ritorno si è imbattuto in Daniel Manda che stava colpendo, coltello in mano, la moglie Daniela nel parcheggio del Lidl. E non ci ha pensato due volte: ha piantato il furgone sulla strada ed è corso in aiuto alla donna. Proprio il suo intervento – assieme a quello di Nicola Rea, militare fuori servizio che ha colpito il quarantottenne con un ombrello, restando ferito a un orecchio da una coltellata, e agli altri clienti che hanno iniziato a scagliare le pietre raccolte nelle aiuole – viene ritenuto dagli inquirenti «risolutore» nel disarmare e bloccare l’aggressore e, di fatto, salvare la vita a Daniela.

«Se ho avuto paura? Al momento no ma, a ripensarci ora, a mente fredda, di certo qualcosa ho rischiato. Per fortuna anche altri sono intervenuti come me: è stato un lavoro di squadra»

Lussana ripercorre quei momenti appunto come fosse un film: «Tornando verso casa dal centro di Seriate dopo aver bevuto il caffè guidavo lentamente. Dopo la rotatoria, per fortuna ho guardato verso sinistra: e nel piazzale della Lidl, in una frazione di secondo ho notato quell’uomo che si stava accanendo sulla donna a terra, brandendo qualcosa che, al momento, non ho capito se fosse un coltello o un oggetto contundente. Passato un altro secondo, perché tutta la vicenda si è infatti consumata in una manciata di interminabili istanti, ho visto che era un coltello e che aveva la lama già spezzata. Ho frenato, sono sceso dal furgone lasciandolo sulla strada e sono corso verso di loro: “Ehi, fermo! Cosa stai facendo?”, mi è venuto istintivo gridare. Ma era una furia: non diceva nulla, ma aveva una cattiveria in corpo che non saprei nemmeno descrivere e che stava sfogando sulla donna a terra. Lei era ancora cosciente e cercava di difendersi con la borsa della spesa. In un’altra frazione di secondo mi sono detto: devo fare qualcosa. Ma cosa? Era armato e, appena mi sono avvicinato cercando di sferrargli un primo calcio, ha puntato la lama spezzata anche verso di me. Dopo altri infiniti istanti ho visto che la donna, inerme, iniziava a perdere sangue da sotto la maglietta e dal collo».

Il racconto continua: «Le urla hanno richiamato l’attenzione dei clienti del supermercato, che si sono avvicinati: persone di tutte le età. Una ragazza (cassiera al Lidl, ndr) ho sentito che ha gridato: “Siamo in tanti, facciamo qualcosa” e tutti hanno cominciato a lanciargli i sassi. Un uomo si è avvicinato e l’ha colpito con l’ombrello. Tutto questo lo ha destabilizzato. Vedendolo chinato di schiena e con le gambe aperte davanti a me, mi è venuto l’istinto di sferrargli un calcio nelle parti basse. Così ho preso tutta la forza che avevo in corpo e gli ho dato questo calcio, che l’ha fatto cadere in avanti. A quel punto, mentre un altro presente trascinava via la donna, mi sono fiondato su di lui, schiacciandolo a terra di pancia e bloccandogli i polsi sul pavimento. Per la botta e la caduta in avanti, ha mollato la presa dei capelli e il coltello gli è caduto».

«Era armato e, appena mi sono avvicinato cercando di sferrargli un primo calcio, ha puntato la lama spezzata anche verso di me. Dopo altri infiniti istanti ho visto che la donna, inerme, iniziava a perdere sangue da sotto la maglietta e dal collo»

«Lui mi ha chiesto se potesse fumare una sigaretta e di prendere il cellulare per chiamare i suoi due figli»

Forse in quel momento Daniel Manda era ormai paradossalmente a a sua volta stremato per le ben 14 coltellate inferte alla moglie sotto la pioggia di sassi: «Un’altra persona gli ha bloccato le gambe e lo abbiamo tenuto così, immobile, per una decina di minuti, fino a quando sono arrivati i carabinieri e lo hanno arrestato – continua Lussana –. Quando era a terra sotto di me, gli ho detto: “Adesso stai qua buono”. Lui mi ha chiesto se potesse fumare una sigaretta e di prendere il cellulare per chiamare i suoi due figli. “Hai pure due figli? Ma perché hai fatto questo? Ora stai qui, altro che cellulare e sigaretta”, gli ho risposto. Forse stremato da tutto l’odio che aveva sfogato non ha tentato di divincolarsi più di tanto». Ora il pensiero di Stefano Lussana va alla donna ferita: «Spero davvero che si salvi. Da lunedì continua a tornarmi in mente: lei lì a terra, inerme, sotto la furia delle coltellate. E penso di essere arrivato proprio nel momento giusto ».

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