«A Parigi creo abiti che restano nel tempo: basta fast fashion»

LA STORIA. Caterina Grieco di Paladina, le prime creazioni nate con le stoffe dell’armadio della madre, poi con gli scarti tessili. A 25 anni ha creato il marchio di moda «Catheclisma».

Culla d’arte e cultura, di sapori e novità. In continuo movimento, con lo sguardo ben rivolto al futuro, Parigi è per tutto questo e molto altro una città ricca di fascino, che da sempre accoglie poeti, scrittori, artisti, letterati, stilisti. E li ispira. E non avrebbe potuto vivere in nessun altro luogo Caterina Grieco, venticinquenne di Paladina che da ormai quattro anni ha creato e porta avanti tra Parigi, Milano e la Bergamasca il proprio brand di abiti sostenibili, dal nome Catheclisma. Ma partiamo dall’inizio.

«Ho seguito tutte le scuole nella Bergamasca – racconta la giovane bergamasca –, facendo anche il Sarpi. Poi mi sono iscritta all’università al Politecnico di Milano, seguendo la strada del fashion design. E con l’Erasmus a Parigi all’École Duperré. Lì ho passato sei mesi con l’Erasmus e poi ho deciso di rimanerci, a Parigi, altri mesi per lavoro. Con il fatto che mi dovevo laureare, poi, nei mesi scorsi sono tornata a Milano (mi sono laureata il 9 aprile) ma ora mi sto organizzando per ritornare a Parigi a vivere, perché a livello creativo è una città in cui mi sono trovata molto bene».

Un divano per due

Partita per Parigi lo scorso anno, nel 2023, Caterina si è innamorata della città francese, tanto da vederla come casa per il suo prossimo futuro. «A Parigi ho trovato una casetta molto carina in una via molto parigina, dove vivevo con un’altra ragazza. La casa è piccola, perché gli affitti costano tantissimo e bisogna dividere le spese: c’era la cucina e il soggiorno e una camera. In soggiorno poi c’era un divano letto e ogni mese si faceva cambio dove si dormiva per cercare di bilanciare le spese folli. Mi sono trovata molto bene in questa esperienza, anche se all’inizio era strano perché ero completamente fuori dalla mia comfort zone, non conoscevo tante persone. Anche in università l’approccio con i compagni non è stato facile, perché sembra assurdo ma i francesi non parlano molto bene l’inglese o se parli in inglese ti rispondono in francese. Quindi all’inizio gli approcci erano difficili. Però ho imparato la lingua e quindi poi ci sono riuscita».

Qualche conoscenza Caterina l’aveva, tramite amici, ma per crearsi una propria cerchia di relazioni è servito tempo. «Fortunatamente avevo un paio di amiche che si erano trasferite da Milano e mi hanno aiutato a inserirmi tra i loro amici e le loro conoscenze. Ma all’inizio è stato difficile perché non hai punti di riferimento stabili, soprattutto come amicizie. Poi certo io sono molto estroversa e non faccio molta fatica a fare amicizia, ma il fatto che ogni volta devi comunicare, “chi sono, cosa faccio, ecc…”, come in uno show-off continuo, mi dava la sensazione che era tutto un dover dimostrare. Però secondo me aiuta a buttarsi un po’ fuori dal proprio circolo protetto. E fa bene». E il settore in cui lavora Caterina e il suo progetto l’hanno sicuramente aiutata a inserirsi nel mondo parigino.

Moda, non solo fast fashion

«Avere un progetto di brand di abbigliamento sostenibile mi ha aiutata molto a creare una rete nuova di relazioni all’estero che mi ha aiutata poi a sua volta ad avere delle collaborazioni con creativi di Parigi. E quindi buttarsi e conoscere nuove persone è stato molto d’aiuto, anche per Catheclisma». Nato quattro anni fa, il nome Catheclisma è un gioco di parole tra Caterina e cataclisma.

«La dimensione del riutilizzo è il fondamento della filosofia del brand, che ha come focus il tessuto»

«Non ha accezione negativa, piuttosto rappresenta qualcosa che arriva all’improvviso e che cambia le regole del gioco. Qualcosa di travolgente. Dall’armadio delle stoffe di mia madre sono passata all’utilizzo di dead stock di tessuti di grandi aziende, che venivano scartati o erano eccedenze. La dimensione del riutilizzo è il fondamento della filosofia del brand, che ha come focus il tessuto. Abbiamo una collezione permanente di 15-20 pezzi, che sono riproposti con tessuti diversi a ogni stagione. Nel sistema moda ora è difficile godere a pieno di una collezione. È tutto troppo veloce. Ho voluto creare qualcosa che rimanesse nel tempo: i capi sono essenziali e versatili. Vorrei creare delle cose a cui le persone possano affezionarsi».

Capi unici con resti tessili

Catheclisma, come raccontato sul sito del brand, è una reazione al ritmo rapido della vita moderna attraverso il lento approccio del made-to-order e del savoir-faire italiano, destinato a durare per generazioni. Ogni capo è realizzato con cura utilizzando resti tessili, come i tessuti invenduti. «Tutto è nato nel 2020, durante la pandemia, perché in quel periodo facevo la pendolare con Milano per via dell’università. Causa Covid mi sono potuta fermare e prendermi del tempo per scoprire le mie passioni. Ho iniziato a cucire e mi sono confezionata un abito, l’ho postato sui social e poi da cosa nasce cosa, ho iniziato a vendere abiti con il passaparola. Avevo sempre più richieste e intanto studiavo. Recuperavo stoffe, tessuti che hanno già avuto una vita a cui noi diamo un nuovo sguardo contemporaneo: i capi della collezione permanente sono moderni e contemporanei».

Parigi, fonte d’ispirazione

Quando poi si è ritrovata a Parigi per l’Erasmus, Caterina ha unito l’utile al dilettevole, lavorando anche in Francia ai propri prodotti. «Parigi mi ha aiutato molto a livello artistico: qui ci sono molte mostre, arte, gallerie. Quindi ho trovato molta ispirazione nel periodo a Parigi: infatti poi nelle ultime collezioni che ho realizzato si può ritrovare questa influenza parigina. E inoltre ho deciso di presentare la mia collezione primaverile 2024 a Parigi perché mi sembrava il luogo giusto per rendere omaggio al periodo che ho vissuto lì. È stato il primo evento fuori dall’Italia, quindi il primo evento europeo. Parigi da fuori sembra romantica, liberty, classica, ma quando la si vive è dinamica, cruda. Penso che mi rappresenti molto. Anche a livello di moda ci sono molte influenze grunge anni ’90. È un po’ un abito con le balze con un piercing da qualche parte. Ad esempio tra ultimi capi vi è il gilet Macondo, molto classico con corpetto avvolgente quasi il corsetto: da fuori è molto classico ma poi si chiude con dei ganci che sembrano piercing, quindi classico con dettagli molto più punk. E quindi ecco perché dico che Parigi è una città che mi rappresenta molto». Una città «in cui sembra che tutto può accadere, talmente grande che ci sono eventi di tutti i tipi e puoi trovare tutto quello che cerchi. Anche il fatto di poter conoscere molte persone internazionali mi ha influenzata nella mia scelta di voler tornare a Parigi, perché sblocca un nuovo modo di approcciarsi alla vita, si è più curiosi degli altri, l’inizio conversazione è più aperta».

Nasce il marchio europeo

E il futuro? «Prima col mio progetto ero da sola – conclude –, mentre ora ho registrato il marchio a livello europeo, ho delle persone che lavorano per me. Ci stiamo attivando per diventare b-corp e benefit. L’idea è quella di strutturami bene per svolgere il mio lavoro ovunque sono e di avere una microcellula che funziona da sola in Italia. Infatti ora ho introdotto un’assistente per spedizioni e pacchi. Certo la produzione resta a Milano e dovrò fare avanti e indietro: sto cercando di trovare un giusto compromesso».

Bergamo senza Confini

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