Violenze in Germania, confusione di una crisi

MONDO. Un altro attentato in Germania, un’altra auto lanciata sulla folla, questa volta a Mannheim, due vittime in un mercatino di carnevale, secondo i primi bilanci.

Impossibile frenare la sensazione di déjà vu, e non a caso: perché tutto questo l’abbiamo già visto, soprattutto in Germania. Il 25 febbraio a Monaco di Baviera, quando un’auto ha travolto un corteo sindacale, provocando ferite mortali a una donna e alla sua figlioletta di due anni. Poco prima, il 22 gennaio, quando un uomo aveva attaccato un gruppo di bambini in un parco pubblico di Aschaffenburg, in Baviera, uccidendo un ragazzino e un uomo accorso per fermare l’attentatore. E ancora il 20 dicembre del 2024, quando un altro uomo aveva investito con il proprio mezzo i visitatori di un mercatino di Natale, uccidendo sei persone e ferendone altre a decine. Per non parlare degli assalti con il coltello che nel 2024 avevano spinto la ministra degli Interni Nancy Faeser a lanciare un pubblico allarme, mentre gli organi di polizia compivano una serie di arresti di immigrati dall’Asia Centrale, collegati allo Stato islamico-Khorasan, che progettavano atti criminali contro i fedeli nel duomo di Colonia o il Parlamento svedese.

Perchè tutti questi casi in Germania?

Inevitabile chiedersi, a questo punto, perché tanto accanimento in Germania. E perché queste ondate: prima i coltelli, poi le automobili. La risposta è difficile. Negli atti di violenza del 2024 era distinguibile, magari alla lontana, una comune matrice ideologica, l’islamismo, e un marcato sottofondo di intolleranza politico-religiosa, elementi che il fondamentalismo islamico storicamente confonde. Ma altrettanto non si può fare per gli ultimi attentati, che sembra impossibile racchiudere in un’unica cornice.

I profili degli attentatori

L’uomo che ieri ha colpito a Mannheim, ed è stato poi arrestato, risulta essere un cittadino tedesco senza alcun collegamento con ambienti di estremismo politico di alcun genere. E per lui si è subito affacciata la tesi del disturbo psichiatrico. L’assassino di Magdeburgo (20 dicembre 2024) era un cittadino saudita arrivato in Germania nel 2006, che aveva ottenuto un permesso di soggiorno a tempo indeterminato come perseguitato politico perché di confessione sciita. Era addirittura uno psichiatra, ma negli ultimi tempi aveva dato segni di squilibrio sui social attaccando l’islam e nello stesso tempo la società tedesca perché «liberale e cosmopolita». L’attentatore del 22 gennaio 2025 era invece un afghano arrivato in Germania dalla Bulgaria nel 2022, noto per precedenti episodi di violenza. Nel 2023 era stato espulso verso la Bulgaria ma per ragioni burocratiche il provvedimento non era andato a buon fine. Era afghano anche l’attentatore di Monaco di Baviera (13 febbraio del 2025), arrivato in Germania nel 2018 come minore non accompagnato, poi in qualche modo regolarizzato tanto da trovare un lavoro fisso come addetto alla sicurezza in diversi esercizi commerciali.

Impossibile trovare un file rouge

Trovare una pista unica, in questo guazzabuglio di pensieri confusi e vicende personali diverse, è davvero un’impresa. Il minimo comun denominatore, ovviamente, è l’immigrazione e, di sfondo, l’origine islamica, che sembra però più un tratto caratteristico che non una causa. La «questione migranti» è di certo quella che fa più discutere in una Germania dove lo scontento dall’ex parte Est ha proiettato Alternativa per la Germania (AfD) al rango di secondo partito nazionale, con 152 seggi in Parlamento, dietro solo l’Unione cristiano-democratica di Germania (Cdu, 162 seggi). L’AfD cerca ovviamente di cavare un profitto politico da questi episodi, rivendicando magari l’iniziativa del gennaio scorso, quando proprio questi due partiti (allora, prima delle elezioni di febbraio, meno consistenti di ora) cercarono di far passare una legge restrittiva sui migranti (limitazioni ai ricongiungimenti familiari e arresti più facili per gli stranieri arrivati alla frontiera senza documenti), bloccata però dal Parlamento.

Però gli assassini di cui abbiamo parlato erano in qualche modo inseriti nella società tedesca. E quindi la spiegazione che viene più naturale è che le personalità più deboli, in anni violenti e critici come questi, possono cedere alla pressione e, nel caso della Germania, a una contrazione economica che riduce garanzie e speranze e non sembra destinata a risolversi in tempi brevi.

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