L'Editoriale
Martedì 22 Ottobre 2024
Vertice Brics, dalle parole ai fatti è difficile
MONDO. È l’evento «più significativo» di politica estera nella storia russa.
Così la propaganda etichetta il summit a Kazan dei Capi di Stato e di governo del «Brics», il club dei Paesi emergenti, che inizia questa sera. Il Cremlino spera di utilizzare questo appuntamento per mostrare al mondo e alla propria opinione pubblica che la Federazione non è affatto isolata. Anzi. Il secondo obiettivo di Mosca è quello di lanciare dalle rive del Volga una crociata anti occidentale di chi non è d’accordo con gli Stati del G7. Ormai quasi nulle appaiono, invece, le speranze di annunci a sorpresa sull’Ucraina nonostante ben due siano le mediazioni adesso in corso dei Paesi del «Brics» - quella indiana e quella brasiliano-Sud africana. Di quella di Pechino se ne sono, al contrario, perse le tracce.
Chi sarà presente a Kazan
Ma iniziamo dai leader più importanti che saranno presenti. Il cinese Xi Jinping e l’indiano Modi hanno già annunciato che saranno a Kazan. Hanno dato, invece, forfait il brasiliano Lula e il principe saudita Mohammed ben Salman che invierà al suo posto il ministro degli Esteri. Stando ad alcune fonti, Ryad è irritata sia per le voci delle armi di fabbricazione russa recapitate ai filo-iraniani Houthi in Yemen, sia per la non ottemperanza delle quote di produzione di petrolio da parte di alcuni Paesi compresi nell’«Opec+», il cui accordo è stato mediato anche dal Cremlino. E a questo punto è quanto mai reale lo scenario - pericoloso per il budget federale (basato per il 2025 su quotazioni intorno ai 70 dollari al barile) - che il prezzo dell’«oro nero» presto scenda sensibilmente, mettendo in difficoltà il finanziamento della «macchina bellica» di Putin.
Quella di Kazan per il capo del Cremlino sarà, comunque, una ribalta breve. A causa del mandato di cattura della Corte penale internazionale dell’Onu per crimini di guerra, il presidente russo dovrà rinunciare sia al G20 brasiliano che al Cop-29 in Azerbaigian nelle
Putin dovrà rinunciare al G20 per il mandato di cattura internazionale della Corte Suprema Internazionale dell’Onu per crimini di guerra
prossime settimane. Il terzo obiettivo del Cremlino sulle rive del Volga è quello di trovare tra i Paesi del «Brics» chi può sostituire l’Occidente come suo fornitore di tecnologia e come investitore diretto nella sua economia. In tanti, però, fanno orecchi da mercanti, temendo l’irritazione e le sanzioni di europei ed americani. Secondo l’ultimo documento disponibile del gennaio 2022, i Paesi del «Brics» hanno investito nell’economia russa solo 3,8 miliardi di dollari (meno dell’1% del totale degli investimenti diretti). Gli «alleati» cinesi hanno addirittura ridotto le loro quote dal 2014 (inizio della tragedia russo-ucraina) e sono a 3,2 miliardi. Giusto per un termine di raffronto, gli investimenti indiani si sono fermati a 613 milioni, ossia 33 volte in meno di quelli tedeschi e 61 volte meno di quelli britannici (queste sono cifre prima dell’invasione federale).
In sostanza, se si passa dall’enfasi geopolitica alle cifre il disastro delle scelte di Putin è evidente. Per non parlare della costruzione mancata di «pipeline» verso la Cina (per migliaia di chilometri attraverso le lande siberiane) che nessuno straniero intende finanziare. Ecco perché la Gazprom, dopo aver perso il mercato occidentale, ora segna bilanci in profondo rosso - è uscita persino dalla classifica delle 100 compagnie russe che fanno più profitti - e del gas prodotto non sa cosa farsene.
Tornando al «Brics», il cui blocco originario dal 1° gennaio 2024 si è allargato da 5 a 9 Paesi - con altri Stati che hanno declinato gli inviti - il lavoro da fare per controbilanciare il G7 è davvero tanto. È davvero difficile passare dalle parole ai fatti. Troppi gli ostacoli e le divisioni.
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