Verità scomode
sui soldi pubblici

Se il Def (documento di economia e finanza), atteso questa settimana, fosse una cosa seria, dovrebbe dire tutte le verità sullo stato della nostra economia, anche quelle scomode, ma non sarà così. Più facile che si getti la palla in tribuna, per guadagnare tempo. Un’altra occasione perduta per il ministro Tria, che si trincera dietro il fatto che se cade lui, i mercati la fanno pagare al Paese. Un caso di medico pietoso che fa aggravare il paziente, ingannando i parenti al capezzale: gli italiani tutti, il cui imminente ruolo di elettori non deve essere turbato.

Trattati come bambini, facili da ingannare con altre emergenze presunte. Eppure, qualcosa il Def dovrà pur dire, perché tra un mese parlerà l’Europa e, subito dopo le elezioni, il 5 giugno, potrebbe ripartire il meccanismo delle sanzioni. Serve a poco far finta di niente su come trovare i 23 miliardi compensativi dell’Iva ancora congelata, e rispondere come Di Maio in Tv «non mi faccia entrare nel tecnico». Aggiunti ai circa 5 miliardi di buco che si è creato nel frattempo, siamo già a 28 per il primo calcolo di costi da fronteggiare ad autunno. E tutto senza calcolare le nuove promesse elettorali da finanziare, tipo la flat tax, che da sola costa, in versione mini, almeno 15 miliardi.

Il Def ci dirà anche che, pur essendo saltati a Pasqua tutti i capisaldi del Bilancio varato a Natale, non è necessaria una correzione di metà anno, ma questa – per 2 miliardi – ci sarà comunque, perché a luglio scatteranno i tagli corrispondenti pretesi come garanzia da Bruxelles. Tagli dolorosi per un Governo che chiama promesse mantenute i nuovi debiti, ed è allergico a riduzioni di spesa. E non dimentichiamo che la legge di Bilancio 2019, almeno per far tornare i calcoli avventurosi su cui era basata, ha messo una posta in entrata di 18 miliardi di privatizzazioni fantasma. Dato che è impossibile vendere davvero immobili e beni statali (meno di 700 milioni lo scorso anno), si pensa di accollare a Cassa Depositi e Prestiti queste acquisizioni, passando i soldi dalla tasca Stato alla tasca apparentemente privata.

Peccato che Cassa Depositi e Prestiti è per l’appunto ancora in parte privata. C’è qualcuno, ad esempio la Fondazione Cariplo (e tutto il mondo del localismo del Nord che vi appartiene), che già si ribella all’idea di far da servo muto su cui appoggiare una magia contabile. Giuste resistenze, di fronte a giochetti del tipo di quelli nascosti nel decreto crescita per rinunciare al prestito Alitalia o per buttare i 12 miliardi di debiti della città di Roma in un calderone che faccia pagare ai contribuenti, fino al 2048, i guai pregressi della Capitale, con interessi che ora già versano per tre quinti, mentre per il resto erano almeno sul groppone dei cittadini romani. Ma la sindaca Raggi ha già raccontato giuliva che presto (tra un paio d’anni in verità) non ci saranno più le odiose addizionali Irpef per i sudditi capitolini. Pagheremo tutti.

Prepariamoci dunque a un Def d’attesa (forse di un futuro liquidatore?), con tabelle però inevitabili su un Pil che crescerà dieci volte meno di quanto previsto a dicembre (15 rispetto a settembre), e qualche sopravvalutazione dell’effetto benefico dei capisaldi della manovra come lo 0,2 di miglioramento ottimisticamente attribuito al reddito di cittadinanza e a quota 100. Il viceministro Garavaglia, della Lega, ha ricordato come cosa positiva, perché destinati al consumo, gli 8 miliardi di liquidazioni degli statali anticipati cash dalle Banche. Peccato che siano appunto nuovi interessi da pagare, da aggiungere al debito complessivo che in questi «anni bellissimi» (copyright Conte) già costano 6 miliardi al mese. Lo stesso valore, o poco meno, del costo del reddito di cittadinanza, che per ora – in verità – non riscuote successo di folle al di là delle zone, come la Lombardia, in cui il lavoro nero è meno diffuso. Sarà un caso che sia accolto con tanta diffidenza nelle Regioni in cui si fa un calcolo di convenienza rispetto al sommerso? Vuoi vedere che i grandi capisaldi della manovra del cambiamento costeranno di meno del previsto e daranno qualche margine inaspettato al Def? Sarebbe un bel paradosso, dopo tanta retorica.

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