Un’idea di società
da offrire ai giovani

Quali che siano le animose dispute sociologiche sulla «condizione giovanile», un dato inedito oggi c’è e va preso in considerazione: è la prima volta, nella storia degli ultimi cinquant’anni del nostro Paese, che i giovani si trovano a vivere in stato di disoccupazione o di occupazione precaria fin oltre i 35 anni. Un male oscuro nuovo e persistente, i cui principali, drammatici segni di evidenza sono il quasi totale azzeramento delle opportunità, dei progetti di vita individuali e familiari. Il tutto, aggravato da una stagnazione economica che pare intramontabile.

La politica, dal canto suo, ha dato risposte inadeguate e troppo spesso esempi disastrosi sul piano della coerenza e dell’onestà intellettuale. Oggi, la famiglia, la scuola e l’oratorio, che fino ad una trentina di anni fa formavano una solida triade educativa, sono in evidenti difficoltà. I giovani, specie i nativi digitali, cresciuti in un contesto di benessere sconosciuto ai loro padri, sono in gran parte più individualisti ed egoisti, più consumisti ed edonisti. La piazza, la strada e il bar, da sempre agenzie di socializzazione informale, sono divenuti spazi di aggregazione dai contorni sbiaditi, sovente fonte d’inquietanti pericoli. Sottovalutare questa realtà, ritenendola solo frutto naturale dell’era «social», porta anche a ritenere ineluttabili fenomeni come la diminuzione dei livelli d’istruzione, la diffusione della droga, l’aumento della criminalità, il bullismo, il crescente razzismo, la tendenza a squalificare figure autoritarie (insegnanti, genitori, tutori dell’ordine...). Piuttosto che negare l’evidenza, occorrerebbe ripensare a modi più appropriati per affrontare le richieste più urgenti della contemporaneità, prendendo spunto da alcuni segnali importanti che ci derivano dagli stessi giovani.

Molti di loro negli ultimi tempi, mostrando un grande senso civico, si sono organizzati in svariate parti del Paese per contrastare fenomeni di inquinamento. Quest’anno molte spiagge italiane sono state invase da volontari assetati di vita e di bellezza che hanno ripulito arenili e dune costiere. La campagna ecologista «Fridays for future» dell’ormai icona green Greta Thunberg ha incontrato il consenso di migliaia di giovani anche nel nostro Paese e nella nostra stessa città. Non va dimenticato che questi avvenimenti sono stati anticipati dall’accorato appello di Papa Francesco contenuto nell’Enciclica «Laudato sì» (2015) sull’abuso dell’ambiente, con la sua forte critica alla «violenza irresponsabile afflitta dall’uomo alla sorella Terra». L’esigenza manifestata dal Papa era quella di ricollocare l’ambiente al centro della convivenza civile, contrastando quel «capitalismo selvaggio e predone» che non si è preoccupato dei danni provocati all’ambiente e alla salute dei cittadini. Perché si può produrre, vendere e fare profitto senza avvelenare l’aria, l’acqua e la natura, rendendo sostenibile il modello di sviluppo economico e sociale. L’appello del Papa è lo stesso richiamato oggi dal poderoso impegno di tanti giovani che si sentono impegnati ad affermare la necessità di uno sviluppo economico compatibile con l’ambiente.

L’attuale governo si è detto favorevole a interventi economici che vadano in questa direzione. C’è da augurarsi, però, che oltre a destinare risorse per lo sviluppo di energie «verdi», si ponga attenzione alla salvaguardia del territorio. Oltre un terzo della popolazione risiede in aree ad alto rischio sismico e gran parte del territorio è soggetto a elevato rischio idrogeologico. Sarebbe il caso si tenesse finalmente conto che la realizzazione di una rete massiccia e ben articolata di «microinterventi» destinati a tale scopo potrebbe favorire una diffusa ripresa dell’occupazione, anche di quella giovanile, oggi priorità assoluta per la stessa stabilità sociale.

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