Un’alleanza per la scuola
Così cambia la nazione

Oggi (giovedì 25 giugno) le Regioni discuteranno le linee guida del Miur per la riapertura delle scuole. Difficile dire quali modifiche subirà la bozza. L’impressione di tutti è che la gran parte del gioco, forse troppa, sia per ora in mano ai territori. Le indicazioni nazionali riguardano la data di avvio (il 14 settembre, preceduto da due settimane per i recuperi: quest’anno, come «consolidamento», caldamente raccomandati a tutti), la presenza, la sicurezza secondo il Comitato tecnico scientifico e la Protezione civile. Il resto è di fatto delegato alle Regioni e ai Comuni, raccordati al mondo della scuola attraverso l’Ufficio scolastico regionale, Tavoli tecnici e Conferenze dei servizi.

Il tutto richiamando le prerogative dell’autonomia scolastica. Non ci sono nella bozza riferimenti alla responsabilità penale dei presidi. Dal punto di vista organizzativo, il governo consegna una scatola di elementi che le scuole possono/devono assemblare come meglio credono, all’interno di alcune regole che fanno riferimento ai diritti costituzionali e umani e alle buone pratiche educative. Nessun «come». Forse è impossibile, nell’Italia patchwork del Covid, con vissuti e percezioni del rischio molto diverse da Nord a Sud. D’altra parte, se la scuola sbaglia partenza e il virus non è nel frattempo scomparso, tutto il Paese ripiomba nell’incubo.

Spazi, movimenti e trasporti sono i tre assi portanti. Le scuole sono invitate a cercare ogni spazio possibile da utilizzare dentro il perimetro degli istituti e nelle sue pertinenze. Ammesso che spazi inutilizzati esistano, i tempi di adeguamento, a carico dei Comuni, sono cortissimi. Il reperimento di locali esterni tramite alleanze con istituzioni e privati è certo possibile, ma significa un moltiplicarsi delle figure di docenti e di sorveglianza.

Un anno scolastico non è un mega Cre che può in parte essere affidato anche a volontari.

I movimenti degli alunni implicano, per evitare assembramenti e ingorghi, la riduzione del tempo lezione a 40 minuti, ma per il momento non vi è sfoltimento ragionato delle «cose da imparare» che restano quelle previste dall’ordinamento. Infine, i trasporti pubblici: a oggi il carico è ridotto al 35%, si spera a settembre di arrivare alla metà. Ai territori è chiesto uno sforzo organizzativo enorme e alla didattica un’overdose di innovazione e creatività. Tutta la vita della città sarà modificata nei suoi ritmi. Lo scaglionamento produrrà, soprattutto in relazione agli studenti delle superiori, o una sorta di ora di punta permanente o un ritorno parziale alla didattica a distanza. Non a caso le linee guida fanno ampio riferimento alla formazione di docenti, dirigenti e Ata sulla didattica digitale integrata e sul lavoro in team.

Notevoli le conseguenze sulla vita dei bambini: i gruppi saranno stabili, sempre uguali lo spazio e i giochi usati da ciascun gruppo. Refezione in turni o pasti consegnati nelle classi. Nella scuola d’infanzia le maestre avranno guanti e mascherina, anche visiera in certi casi di disabilità dove è necessario un contatto fisico molto diretto. Si raccomanda, per evitare la claustrofobia, di stare all’aperto il più possibile, in ogni stagione. Tanto, le classi dovranno essere continuamente aerate...

Il Miur invita a stabilire patti di corresponsabilità genitori-scuola-territori perché è impossibile per la scuola operare in questa situazione senza, a monte, un’alleanza ferrea di tutti gli adulti in nome dell’educazione dei loro figli.

Se l’operazione riesce, si seppellirà finalmente il clima di contenzioso di questi anni. Ma se il senso di responsabilità collettiva viene meno, il cerino resterà in mano ai presidi. Interessante, infine, che il governo assicuri il ritorno di sussidi didattici come Raiscuola, il sostegno di psicologi, tariffe telefoniche contenute e chieda ai Comuni di completare la banda larga. Se cambia la scuola, cambia la nazione: «la verifica» riguarderà meno gli studenti e più la società.

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