L'Editoriale / Bergamo Città
Lunedì 28 Settembre 2020
Un uomo di mare,
coraggio e dovere
Gli eroi non sono santi, non hanno bisogno di morire per essere proclamati eroi. Aurelio Visalli, il secondo capo della Guardia Costiera morto annegato nel mare di Milazzo mentre stava cercando di soccorrere due ragazzini in difficoltà, è uno di questi. Lo ha detto con parole semplici e toccanti il fratello minore Roberto, con una lucidità che ci commuove e ci sgomenta: «Mio fratello era un eroe già da vivo. Penso che ogni persona che si sveglia la mattina per compiere il proprio dovere affrontando tanti sacrifici debba essere considerato un eroe». La Guardia Costiera piange uno dei suoi uomini migliori. Un uomo buono, professionale e protettivo, sorridente e disponibile con tutti, come ha lo ricordato il padre in lacrime. Un uomo di mare.
Gli uomini di mare sanno che quella distesa infinita d’acqua può trasformarsi in una tempesta mortale, ne conoscono i pericoli sin dai primi approcci, imparano a rispettarlo, a temerlo, a studiarne le previsioni meteorologiche. Intervengono sempre con prudenza, conoscendo i limiti e i pericoli dell’intervento, che è ciò che distingue un professionista da un dilettante. Ma i guardiacoste hanno anche il senso della loro missione.
Questo guardiacoste quarantenne ieri non ha esitato un solo istante, di fronte a due ragazzi in preda ad onde alte nove metri, a togliersi gli abiti e a gettarsi in mare per salvarli. Perché la sua missione andava addirittura al di là della sua professionalità, da tutti riconosciuta. Togliersi la divisa, tuffarsi in mare e andare a prendere quei due ragazzini. Un imperativo della coscienza. Ed è quello che fa di un uomo un eroe. Sarà la magistratura a fare luce su una vicenda su cui ci sono molti punti oscuri e che fa trasparire l’inadeguatezza di quell’operazione di salvataggio. Il cognato della vittima, che è capo dei vigili urbani di Venetico, la città dell’eroe di mare Aurelio, ha parlato di responsabilità molto gravi sulle modalità di intervento e sulla mancanza totale di mezzi adeguati.
Secondo il suo resoconto, alla motovedetta sulla quale viaggiava Visalli non era stato consentito di intervenire per le condizioni proibitive del mare, ma gli sarebbe stato permesso in un secondo tempo dalla spiaggia. Ma non c’erano giubbotti di salvataggio, corde, mute, galleggianti, insomma tutto ciò che permette un recupero in mare in sicurezza. In questi casi ci si getta in acqua muniti di un sistema di corde tale da poter essere recuperato dai colleghi in caso di pericolo. Ma Aurelio e i suoi colleghi non avevano nulla di tutto questo. Il che non gli ha impedito di spogliarsi e di gettarsi in mare tra i flutti. Con un coraggio che ha dell’incredibile. Il secondo capo Visalli è stato colpito da un’onda e ha perso i sensi. A recuperare il suo corpo senza vita, ore dopo, è stata la sua stessa motovedetta.
Venetico piange il suo eroe, piange quel signore simpatico e cordiale, che in paese definiscono addirittura carismatico. Ma il suo sacrificio rappresenta il sacrificio quotidiano e silente degli uomini della Guardia Costiera, gente che con uno stipendio di poco più di mille euro al mese si prodigano per recuperare vite e fare onore al codice del mare, che impone di salvare chiunque faccia naufragio. Per loro salvare vite è un dovere della coscienza. Gli uomini che in questi anni così tragici e turbolenti hanno salvato centinaia di migliaia di profughi che tentano la fortuna traversando il Mediterraneo. Pronti ad affrontare il mare forza nove. Pronti a spogliarsi e tuffarsi senza nemmeno i mezzi adeguati, come ha fatto Aurelio. Mettendo il coraggio e il dovere di fronte alla paura.
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