
(Foto di Ahsanization su Unsplash)
ITALIA. Bergamo prima provincia italiana per tasso di disoccupazione nel 2024. Un primato di cui andare fieri, naturalmente. Quell’1,5% di disoccupati in rapporto alla popolazione attiva certificato il 13 marzo dal Report dell’Istat, suggella la capacità dei bergamaschi di rispondere in modo proattivo alle sfide di un mondo del lavoro in rapida trasformazione.
Questo avviene mentre le aziende orobiche continuano a denunciare forti difficoltà nel reperimento di personale a tutti i livelli e in tutti i settori. Dall’industria all’edilizia, al variegato mondo dell’artigianato. Dalla sanità agli studi professionali, passando per il commercio e la ristorazione non c’è attività che a Bergamo non si trovi a che fare con un mercato del lavoro dove domanda e offerta non si incontrano. Non si incontrano sui numeri (c’è un’oggettiva carenza di persone in età da lavoro), non si incontrano sui profili richiesti. E sempre di più, non si incontrano sulle reciproche esigenze sugli orari, sulla conciliazione lavoro-famiglia. Anche sul salario, malgrado spesso non sia l’elemento più importante per trattenere un buon collaboratore.
Due i problemi di fondo, il primo legato alla denatalità con cui la provincia di Bergamo sta ormai facendo i conti (e sarà sempre peggio). E qui una seria e onesta riflessione che porti a una gestione costruttiva dell’immigrazione sarebbe di grande aiuto. Il secondo (sollecitato dal cambio culturale in atto soprattutto tra i giovani) vede sempre più considerare il lavoro come un elemento sì importante per la realizzazione di sé, ma non più come in passato.
A contribuire a dimezzare il tasso di disoccupazione in soli dodici mesi (nel 2023 era il 2,9%) è in gran parte merito dell’aumento dell’occupazione femminile, finora uno dei talloni d’Achille del mercato del lavoro bergamasco
A contribuire a dimezzare il tasso di disoccupazione in soli dodici mesi (nel 2023 era il 2,9%) è in gran parte merito dell’aumento dell’occupazione femminile, finora uno dei talloni d’Achille del mercato del lavoro bergamasco: lo scorso anno il tasso di attività e femminile ha raggiunto il 61,4%. Nel 2013 era il 51,5 %. Le ripetute «chiamate alle armi» rivolte alle donne sembra abbiano sortito effetto. Sarebbe interessante verificare quale sia stata la spinta determinante alla scelta di mettersi in gioco: le politiche di sostegno alla maternità? L’aumento degli asili nido o la voglia di un’emancipazione economica? Da approfondire - e in questi ci verranno in aiuto i numeri dell’Osservatorio provinciale del lavoro di prossima pubblicazione - anche la qualità dei contratti delle donne lavoratrici e su quali settori si è concentrata la crescita. Il tema della disparità di salario tra uomo e donna, non si risolve, ahimè, semplicemente aumentando l’occupazione femminile. Il gap di genere nelle retribuzioni, specie nel settore privato, è ancora forte anche nella Bergamasca: in media, infatti, lo stipendio delle lavoratrici è inferiore di un terzo rispetto a quello degli uomini. Un risultato che è un mix di diversi fattori, due in particolare: l’elevata incidenza del part-time e la minor presenza delle donne nei ruoli apicali delle aziende.
Doppia lettura sulla significativa riduzione del tasso di disoccupazione dei giovani tra i 15 e i 24 anni (- 9,2 punti percentuali). L’ingresso precoce nel mondo del lavoro, sotto la spinta di un’offerta occupazionale alta come quella che attualmente si registra nella Bergamasca, se non accompagnato da seri programmi di formazione continua in azienda, rischiano di creare una forza lavoro poco professionalizzata che, in caso di rallentamento del mercato, rischia di non avere gli strumenti culturali adeguati a rimettersi in gioco. Finendo poi ai margini. Insomma, giusto andare fieri dei traguardi raggiunti senza tuttavia sedersi sugli allori. L’istruzione e la formazione sono determinanti nella ricerca di un posto di lavoro. Così come adeguati servizi pubblici a sostegno dell’infanzia, politiche sulla casa che vengano incontro, in particolare, alle esigenze dei giovani, rappresentano le basi su cui costruire un’occupazione solida e di qualità, in grado di supportare lo sviluppo di un territorio dove la cultura del lavoro e dei valori hanno sempre proceduto di pari passo.
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