Un partito repubblicano
Salvini già all’angolo

Il tono enfatico del comunicato diffuso al termine della riunione della Lega che ha confermato la leadership di Matteo Salvini non riesce a nascondere le difficoltà del momento per il leader, appunto, e il suo partito. Difficoltà che nascono molto prima della battaglia (persa) del Quirinale, diciamo dal Papeete, ma che nei giorni che hanno condotto alla rielezione di Sergio Mattarella si sono drammaticamente acuite. Per la prima volta il centrodestra aveva la possibilità di eleggere al Quirinale un esponente di area e Salvini, che si era autonominato king maker dopo il ritiro di Berlusconi, ha fallito la prova, oltretutto rompendo con Giorgia Meloni e spingendo Forza Italia a riprendersi la propria autonomia. Un risultato che, ai detentori dei voti nordisti - da Giorgetti a Zaia a Fedriga - decisamente non è piaciuto e ha accresciuto il maldipancia che covava da tempo, da quando la Lega, in calo nei sondaggi elettorali, ha scelto di lisciare il pelo dei no green pass (se non dei no-vax). Insomma, una situazione in ebollizione che, come è costume dalle parti del Carroccio, non esplode ma nemmeno si placa.

Per riprendersi l’iniziativa dopo la debacle quirinalizia, Salvini ha lanciato l’idea del «partito repubblicano» all’interno del quale federare i partiti del centrodestra. Non ne vuole però sapere la Meloni, irritata com’è per il comportamento dell’alleato accusato senza mezzi termini di essere non solo ondivago ma anche sleale. «Non ci voglio credere» è stato il tweet con cui Giorgia ha commentato la decisione di Salvini di convergere su Mattarella dopo aver ondeggiato tra Casini, la Belloni e almeno un’altra decina di candidati. Dunque il «partito repubblicano» potrebbe riunire solo Forza Italia e Lega.

Peraltro questa era una vecchia idea di Berlusconi che a suo tempo Salvini, che all’epoca si sentiva fortissimo, irrise e nemmeno prese in considerazione. Adesso è il Cavaliere che si fa pregare nonostante le affettuosità di Matteo che lo è andato a visitare a casa dopo le dimissioni dall’ospedale. Tanto più che dentro Forza Italia ci sono forti tentazioni di mettere in piedi il gruppone centrista con Toti, Renzi e vari dispersi ex democristiani, liberali, centristi che già si erano uniti nel sostenere la candidatura di Casini alla presidenza della Repubblica.

Forza Italia capisce benissimo che Salvini vorrebbe fagocitarla per regolare i conti con Fratelli d’Italia, ormai decisamente secondo partito italiano ad una incollatura dal Pd. Inoltre gli azzurri sospettano che Salvini stia esaurendo la benzina nel suo motore: se poi i sondaggi dovessero segnalare un’altra emorragia di voti le cose potrebbero precipitare davvero. Molto dipende da quello che succederà nei prossimi mesi tra le correnti del Carroccio: la riunione di ieri, da questo punto di vista, era poco significativa, per nessuna ragione al mondo i leghisti - per come sono fatti - avrebbero potuto dare ad alleati e avversari l’immagine di un partito diviso che disarciona il leader tornato ferito e sconfitto dal campo di battaglia. Lo sguardo piuttosto si allunga più avanti, e molto conteranno le decisioni sulla riforma elettorale. Un conto sarà avere ancora il Rosatellum, che richiede le alleanze nelle liste, altra cosa sarà invece se si tornerà al proporzionale, il sistema per il quale ognuno va per la sua strada e poi si vede che succede.

Nel frattempo il malumore leghista si scarica su Toti (accusato di aver «tradito» il centrodestra per flirtare con Renzi) al punto di mettere a rischio la stabilità della Giunta regionale ligure.

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