Un Natale diverso
ma il virus è un altro

Chi ha sequestrato il Natale? La vera domanda è questa e ieri mattina all’Angelus Papa Francesco ha proposto una riflessione che va oltre i paradigmi del momento presente, tutti costruiti attorno alla ricerca del nemico che ce lo sta rubando. Non è affatto la pandemia, per cui è del tutto inutile cercare strade o scorciatoie per aggirare le norme e per colmare con maggiore frenesia l’ansia da prestazione di regalo. Ci sono stati Natali peggiori in Italia e oggi nel mondo per moltissimi sarà lo stesso. Eppure ci lamentiamo da settimane. Ripetiamo che sarà un Natale diverso e ci arrovelliamo per inventare qualcosa per salvarlo. Da che cosa? Annaspiamo soverchiati da nuove smanie, bramosia di cose per colmare inquietudini. Poi arriva Bergoglio e rimette tutto a posto con le sue provocazioni, seccanti, insopportabili.

Nell’ultima domenica della corsa folle prima della chiusura nei recinti rossi anti-Covid c’è un anziano signore che si affaccia a una finestra e dice che il virus è un altro e che se qualcuno ha sequestrato il Natale è il consumismo. Con meno consumismo il Natale non è affatto brutto e con più lentezza forse il Natale migliora. Pensiamo alla scena di Betlemme. C’è una folla tremenda in città. Code, file ai mercati, tutto esaurito in albergo e nei ristoranti. Nemmeno provare a prenotare. Ma quei due sono tenaci e un posto lo trovano, un luogo nascosto, fuori città e chissà come andrà. Sappiamo come è andata, la stella, i pastori, poi perfino i Magi, saggi venuti da lontano con qualche regalo. Francesco lo aveva già detto mercoledì scorso che per Maria e Giuseppe non erano state «rose e fiori».

Ma non si sono persi d’animo. Basta un ricetto, seppur provvisorio, e poi grande fede, umiltà e fiducia nel progetto. Non era nei loro piani dover accontentarsi di una grotta e due braccia di paglia. Non era nei nostri piani fare i conti con una pandemia. Eppure la pandemia ci ha imposto una riflessione: qual è il Natale che ci serve? La risposta è una sola: dipende da noi, solo da noi. Forse quest’anno ci sarà più tempo per il festeggiato e per pensare a quello che è andato dicendo dopo essere nato e che possiamo trovare raccontato con dovizia di particolari in quattro libri scritti da cronisti coscienziosi. In zona rossa si legge meglio. In quei libri c’è scritto che il festeggiato ha esaltato gli umili e ha disperso i potenti nei pensieri del loro cuore. Ieri il Papa ha evocato la realtà, la povertà, l’amore, tutti argomenti che nella bottega commerciale e nella bottega politica dei potenti non appaiono quasi mai. Chi ha mai negli anni passati difeso a spada tratta presepe e Messa di mezzanotte, come fossero diritti dell’umanità? Se la pandemia ha determinato una maggiore riflessione sul Natale essa si è fermata solo alla poesia, alla retorica dei cenoni, al giallo appassionante sui posti a tavola, da aggiungere o togliere in punta di Dpcm. Bergoglio ieri ha scombinato gli schemi spiegando che non è la pandemia a caratterizzare il Natale, ma viceversa. Covid-19 è una sfida, che dobbiamo cogliere per poter rilanciare quest’anno nella nostra coscienza meglio che in passato la novità che può aiutarci a trovare il modo per essere di più. Di più per gli altri, di più per Dio, di più per gli accadimenti che dovremmo osservare e capire e non relegare nell’oblio riservato ai fastidi. Facciamo qualcosa, ha quasi supplicato Francesco. Insomma approfittiamo del tempo con forza maggiore e con efficacia per stare vicino, avere cura e soprattutto per osservare il mondo e ciò che accade, consapevoli che tutto ci deve importare e nulla ci può sfuggire dalle dita e dalla mente.

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