Ultima follia: rettificare la Bibbia per una mela

Il commento Chiediamo scusa se dedichiamo questo commento non al conflitto ucraino o all’inflazione galoppante e nemmeno alla pandemia di ritorno. Oggi parliamo della solenne richiesta di rettifica rivolta alla Chiesa universale e al Sant’Ufficio (che peraltro oggi si chiama Sacra Congregazione della dottrina della fede) pubblicata l’altro giorno su un quotidiano nazionale a cura di due fornitori di frutta, leader in tutto il mondo. Oggetto della rettifica: la mela.

«Con il massimo rispetto per il vostro Sant’Ufficio», recita la paginata, «crediamo che sia finalmente giunto il momento di affrontare una questione vecchia di migliaia di anni. Il più clamoroso disastro che la frutta abbia mai dovuto affrontare in termini di pubbliche relazioni: il peccato originale». Non è giusto che il simbolo del male del mondo, per sintetizzare, sia la mela, «il frutto proibito» staccato dall’albero da Adamo ed Eva nel Giardino dell’Eden e come è noto fonte di un sacco di guai. Le due multinazionali della frutta chiedono alla Chiesa di Papa Francesco di riscattarne la reputazione «agli occhi dei suoi 1,2 miliardi di fedeli». Per troppo tempo infatti «la frutta è stata resa il capro espiatorio del crimine più efferato dell’umanità, dalla Chiesa alle persone» (beh, qui però potrebbero insorgere gli allevatori di capre).

Dunque la Chiesa – immagino insieme alla Disney per via della storia della mela avvelenata della Strega cattiva addentata da Biancaneve – dovrebbe fare pubblica ammenda per aver coinvolto un prezioso alimento nella faccenda del peccato originale. Però a quel punto, a ben vedere, le rettifiche bibliche potrebbero susseguirsi a ruota. L’Associazione internazionale dei rettilari potrebbe adirarsi per aver assegnato nella genesi la parte del cattivo a un serpente. Le organizzazioni di protezione degli animali, dopo aver ringraziato per la costruzione dell’Arca, potrebbero adirarsi per i sacrifici che si susseguono nei testi sacri, visto che anche gli agnelli non se la passavano un granché bene. Le cavallette non ci fanno un figurone e in fondo anche l’Egitto potrebbe chiedere i danni per la cattiva reputazione del faraone. E che dire delle case regnanti, se consideriamo che nell’Antico Testamento la battaglia finale, Armageddon, si svolgerà tra Dio e i re della Terra inficiati dal male? Chieda rettifica graziosa maestà Elisabetta, così la smette di pensare ai guai di Harry e Meghan.

Ma si potrebbe andare avanti per pagine e pagine se consideriamo la simbologia biblica, dall’acqua al fuoco alla costola di Adamo (qui si intravvede il fumus persecutionis per il produttore dell’«Allegro chirurgo»). Le due organizzazioni parlano dei danni prodotti dalla cattiva reputazione della mela, dal Paradiso perduto di Milton all’Adamo ed Eva di Durer. Ma se dovessimo chieder conto agli autori di simboli negativi, dovremmo bruciare come in Fahrenheit 451 milioni di libri, visto che la simbologia è l’essenza di tanti capolavori della letteratura dell’Occidente e dell’Oriente. La verità è che i simboli sono i simboli e la realtà – tra i quali la frutta – sono due cose diverse nella vita di tutti i giorni. Nessuno si è mai rifiutato di mangiare mele perché lo considera il frutto del peccato e se qualcuno lo ha fatto probabilmente andrebbe ricoverato in psichiatria. È solo una questione di gusti, non di guasti. Le mele fanno bene, lo sanno tutti. Un mela al giorno leva il medico di torno: dunque l’ordine dei medici dovrebbe querelare perché il detto favorisce la disoccupazione dei camici bianchi?

In certi casi le mele accendono persino le idee geniali, come direbbe Isacco Newton. E se proprio dobbiamo esaminare la situazione Adamo la stacca dall’albero proprio perché è il frutto più buono e dunque la Bibbia e la Chiesa potrebbero chiedere le royalties per motivi di marketing. Dunque vediamo: 7 mila anni di pubblicità, sei miliardi di abitanti sulla terra… pensate quante opere buone si potrebbero fare in giro per il mondo, altro che otto per mille. A proposito: abbiamo chiesto un parere a Branduardi?

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