Ue, interessi condivisi e non solo del più forte

MONDO. Il piano Draghi sulla competitività europea è arrivato al Bundestag . A passi felpati il report dell’ex premier entra nel dibattito politico con la titolazione ancorché anonima «L’Europa nella competizione sistemica. Come il vecchio continente può aumentare la sua competitività».

Sotto gli auspici del partito liberale Fdp la Bundesbank e la Confindustria tedesca Bdi riferiscono sul grande tema che segna la campagna elettorale in Germania. Quest’anno l’economia tedesca è in recessione per lo 0,2%, l’anno prossimo si prevede una leggera crescita. Lo dicono i cinque saggi cui il governo delega l’incarico di monitorare la situazione economica del Paese. Ma i conti sono stati fatti senza l’oste americano. Con i dazi di Trump la crescita diventa una chimera.

Come ritornare agli splendori del passato?

Che fare? Ecco l’angoscia che attanaglia l’opinione pubblica e quindi i partiti. Va subito chiarito, a conferma della complessità della Ue, che l’accezione europea riferita alla competitività per il mondo tedesco si esplicita in una sola domanda: come ritornare agli splendori del passato? Come recuperare l’egemonia con un surplus nell’export che andava ben oltre il 6% previsto dagli accordi non scritti della correttezza commerciale tra partner economici?

La Banca centrale europea è l’unica istituzione europea sottratta al prepotere dei governi nazionali e quindi autonoma e indipendente

I partiti divisi su tutto convergono solo su una parola: «führung». Stride la somiglianza con l’impronunciabile ma il significato è lo stesso: guida. I liberali hanno portato alle estreme conseguenze il governo di Olaf Scholz con l’accusa che il Paese non era più il numero uno. Anche i socialdemocratici non ci stanno all’idea, con questa differenza però: vogliono abolire il pareggio di bilancio inserito in Costituzione ai tempi di Merkel e del suo ministro delle Finanze Schäuble. Nel frattempo anche i cinque saggi sotto la guida dell’economista Monika Schnitzler si sono espressi per un fondo mirato fuori bilancio per gli investimenti strategici. Le ferrovie e la viabilità in primo luogo. Il ritardo cronico dei treni della Deutsche Bahn assilla un popolo che sulla puntualità ha costruito la sua immagine vincente. Lo stesso è stato fatto con 100 miliardi per la difesa. Ma l’opinione pubblica non ama il debito e soprattutto non si fida dei politici che promettono mari e monti con i soldi dei contribuenti. Vale anche per le nuove generazioni che hanno come ideale di vita tirare la cinghia fino a risparmiare il 60% del reddito familiare per poi investire in fondi azionari e calcolare a partire dai 45 anni in su una vita di benessere. È il parametro di riferimento che esclude di vivere al di sopra dei propri mezzi. Sacrifici, lavoro e poi si viene premiati. Prima ancora di un’affermazione economica è una sfida morale. Una primogenitura autodichiarata che l’economia più forte dell’Ue chiede ancora per sé.

La Banca centrale europea è l’unica istituzione europea sottratta al prepotere dei governi nazionali e quindi autonoma e indipendente. Da questi scranni l’ex presidente della Bce Mario Draghi ha potuto far vacillare l’autocoscienza nazionale tedesca. L’Europa tedesca fatta di gas russo a prezzi stracciati e import/export con la Cina è caduta sul gasdotto North Stream fatto saltare dagli ucraini. A conferma che non si può delegare a Washington la propria sicurezza e con i soldi risparmiati creare la terza via che bypassa la potenza imperiale americana. La popolarità di Draghi negli States nasce da questo: ha reso evidente quello che ai più sfuggiva: l’Europa non è solo Germania. Il governo dei governi nazionali deve fare un passo indietro e lasciare ad una Commissione eletta direttamente da tutti i popoli europei la difesa, la politica estera e una politica economica comune. Che faccia gli interessi condivisi di tutta l’Unione e non solo di chi è più forte.

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