Ucraina, l’effetto Trump spinge l’europa

MONDO. Le difficoltà di Zelensky, le iniziative europee, gli equilibri americani.

Mancano ancora due mesi all’insediamento ma la rielezione di Donald Trump sta già sollevando onde importanti su quello che, almeno per quanto riguarda la politica estera, si dà per scontato sarà il suo primo intervento: la guerra su vasta scala esplosa in Ucraina dopo l’invasione russa. E questo a prescindere dalle azioni concrete (Trump non si è ancora mosso, se escludiamo la telefonata a Vladimir Putin peraltro smentita dal Cremlino) e persino dalle personalità di coloro che saranno scelti per il Governo degli Usa, per ora in parte «ucrainoscettici» (la Gabbard che coordinerà l’intelligence, Musk che si occuperà della pubblica amministrazione) e in parte «ucrainoconvinti» (Rubio designato come segretario di Stato, la Stefanik ambasciatrice all’Onu).

I più agitati sono senza dubbio gli europei. Al di là delle promesse di sempiterna solidarietà alla causa di Kiev, che tutti non a caso vanno ripetendo proprio in queste settimane, non c’è leader europeo convinto che lo sforzo bellico ucraino possa essere davvero sostenuto se gli Usa dovessero ridimensionare o addirittura ritirare il proprio appoggio. Dagli Stati Uniti sono venute le maggiori forniture di armi e un supporto che dal febbraio del 2022, stando ai dati dell’ultimo rapporto dell’ispettore generale del Pentagono Roberto Storch, ha superato i 183 miliardi di dollari. Per non parlare del fatto che la collaborazione Usa è in ogni caso insostituibile in settori specifici come la cyberwar, i sistemi di difesa antiaerea, l’intelligence tradizionale e satellitare.

Le iniziative europee

Ed ecco quindi moltiplicarsi, dalle nostre parti, le iniziative inedite. Il cancelliere tedesco Scholz parla con Putin, a due anni dall’ultima telefonata, facendo infuriare Zelensky. Francia, Germania e Polonia decidono di incontrarsi per quello che chiamano Triangolo di Weimar. La Finlandia torna sui propri passi e decide di riaprire il confine con la Russia e con i commerci che per quei varchi si svolgono. In tutto questo gran movimento i più calmi, paradossalmente, sono gli ucraini. Preoccupati, certo, ma per nulla disposti a entrare in urto con la nuova amministrazione Trump.

La situazione in Ucraina

A Kiev i problemi non mancano. L’operazione nella regione russa di Kursk non ha raggiunto gli scopi previsti e ora l’esercito ucraino impiega le sue truppe migliori per conservare il controllo su almeno una parte dell’area occupata il 6 agosto. Più a Sud, nel Donbass, i russi, lenti ma inesorabili conquistano un villaggio dopo l’altro: nella sola prima metà di novembre hanno occupato 350 chilometri quadrati di Ucraina. La mobilitazione, come dice lo stesso Zelensky, non ha raggiunto i numeri desiderati. L’inverno è arrivato e l’infrastruttura energetica ucraina è sempre presa di mira dai droni e dai missili russi.

Gli equilibri negli Stati Uniti

Però Zelensky e i suoi sanno che nemmeno questa Casa Bianca avrà con il Cremlino relazioni così «amichevoli» come temono gli europei: fu Trump, nel suo primo mandato, a incrementare le forniture di armi letali all’Ucraina e le sanzioni contro la Russia. Inoltre Trump non avrà comunque il potere di salutare e abbandonare l’Ucraina al suo destino. È vero che solo un terzo dei potenziali elettori repubblicani, alla vigilia del voto, diceva di considerare quello di aiutare Kiev un impegno morale per gli Usa. Ma il Partito è un’altra cosa e una parte importante dei parlamentari la pensa proprio all’opposto. Il che è fattore non da poco, soprattutto pensando a certe nomine trumpiane (per esempio il contestatissimo Hegseth alla Difesa) che stanno mettendo in subbuglio senatori e deputati.

Zelensky sa di avere ancora delle carte da giocare, ora il suo scopo è resistere il più possibile sul campo di battaglia

Zelensky quindi sa di avere ancora delle carte da giocare sullo scacchiere della politica americana, quella che più gli interessa. Ora il suo scopo è resistere il più possibile sul campo di battaglia, fino a ottenere quelle «garanzie di sicurezza» che, per come si è messa la situazione, sembrano l’obiettivo più realistico. Il vero enigma, oggi, è Vladimir Putin. Quali sono le sue intenzioni? Dicono che Elvira Nabiullina, governatrice della Banca centrale di Russia, lo abbia più volte avvertito che l’economia russa non potrà sostenere ancora a lungo un simile sforzo, tra sanzioni e spese di guerra. Davvero lo Zar rischierà la stabilità del Paese per conquistare un altro 5% di territorio ucraino? Lo vedremo presto.

© RIPRODUZIONE RISERVATA