L'Editoriale
Sabato 19 Dicembre 2020
Tutto rosso
dalla zona natalizia
al bilancio
Alla fine, ha vinto la prudenza. Giusta, giustissima, ma assai costosa per l’Italia. Che passerà un Natale «in rosso» per evitare, come dicono all’Istituto Superiore di Sanità, che gennaio e febbraio si rivelino mesi drammatici con una terza ondata e una nuova impennata dei contagi, dei ricoveri e dei decessi. Il presidente Conte nel lungo Consiglio dei Ministri di ieri sera ha provato un po’ a resistere sulle misure più restrittive e un po’ a mediare, insieme ai renziani (ironia della sorte, viste le polemiche delle ultime settimane) ma alla fine ha vinto il partito dei cosiddetti «rigoristi», dal titolare della Salute Roberto Speranza al capodelegazione del Pd Dario Franceschini.
Del resto anche i governatori, una volta tanto, ieri erano (quasi) uniti nel chiedere la stretta (con la sola eccezione pare di Toti, Liguria): già Zaia aveva anticipato tutti varando un lockdown alla veneta e Zingaretti aveva annunciato che il Lazio, un’altra regione dove è cresciuto l’indice Rti, avrebbe seguito la stessa strada. Zingaretti, annunciando le sue decisioni da governatore, aveva messo sul piatto il peso dell’intero Pd.
Così Natale, Capodanno e Epifania le vivremo con le regole del «rosso», nessun spostamento non indispensabile, riunioni familiari ridotte al lumicino. Avanza qualche giorno feriale tra le feste che avrà il colore arancione. Terminato il Consiglio dei Ministri alle 20, la prevista conferenza stampa del presidente del Consiglio ha dovuto essere progressivamente spostata in avanti perché – raggiunto l’accordo sulle restrizioni da inserire nel decreto, non Dpcm – restava da quantificare l’entità dei ristori da inserire nel quinto provvedimento dedicato alle provvidenze per le attività più colpite dal Covid. In effetti, a novembre e addirittura fino al 3 dicembre, come ha ricordato la rocciosa ministra Bellanova, Conte aveva promesso che si sarebbe «salvato» il Natale, di conseguenza le attività commerciali e della ristorazione si erano adeguate sperando in una boccata d’ossigeno che potesse aiutarli un po’.
Ora, alla data del 18 dicembre, arriva invece la doccia fredda delle chiusure totali e delle restrizioni: per molti negozi, bar, ristoranti le conseguenze potrebbero essere drammatiche: «Se ci chiudono adesso, non riapriamo più» hanno ripetuto in coro gli esercenti nelle tante interviste in tv. Dunque bisogna pensare a dar loro una mano: al Tesoro, «raschiando il barile» per usare le parole di una fonte ministeriale dell’Huffington Post, si sono trovati 550 milioni, 400 per il 2020 e 150 per i primi mesi del 2021. Non è stato facile anche perché le previsioni sul quarto trimestre 2020 sono abbastanza nere: il potente rimbalzo del Pil (15,6%) del terzo trimestre si scontrerà con un segno assai più deludente a fine anno trascinando decisamente verso il dirupo l’intero anno. Si spera che la campagna vaccinale proceda spedita e risvegli man mano le attività socio-produttive. Ma sarà giocoforza fare ancora più debito superando la quota stellare del 166%, la più alta dal 1861. E sarà necessario accedere anche ai fondi del Mes (37 miliardi a tasso zero e pronta cassa) da destinare alla sanità consentendo così di liberare altre risorse per i settori produttivi più colpiti. Il Mes è terreno assai scosceso per la maggioranza: per quanto Pd e renziani insistano con Conte per accedere al prestito, i grillini (non Di Maio) sembrano irremovibili. E lo saranno almeno fino a quando il diligente ministro piddino dell’Economia Gualtieri non mostrerà loro il quadernetto dei conti nazionali. Che sono molto più in rosso della stessa pandemia.
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