
L'Editoriale
Venerdì 14 Marzo 2025
Tutti i nodi nascosti dalle parole di Putin
MONDO. Vladimir Putin «apre» alla tregua di 30 giorni proposta da Donald Trump e da Volodymyr Zelensky, ma, come nelle attese della vigilia, il capo del Cremlino ha sollevato numerosi «problemi» sui «dettagli».
Il primo elemento da sottolineare in sede di analisi è che non ci si poteva aspettare da Mosca nulla di diverso da quanto espresso pubblicamente da Putin, vista la complessità della tragedia russo-ucraina. Il presidente russo ha elencato alcune questioni che non si capisce come verranno gestite praticamente sul terreno. Ci sarà una tregua? Bene! Ma cosa succederà durante questo periodo? E chi controllerà che quanto definito tra le parti verrà rispettato? Non è che qualcuno sfrutterà queste giornate per riorganizzarsi e per riarmarsi? Tutte domande legittime, quelle di Putin, a cui i diplomatici russi, americani ed ucraini dovranno trovare delle risposte.
La riconquista di Kursk
Il Cremlino, quindi, rilancia il «pallone» nel campo degli americani, aspettandosi delle future proposte che possano potenzialmente portare ad una tregua temporanea. La domanda, che oggi si pongono alcuni influenti analisti, è se questa di Putin non sia solo una tattica attendista per guadagnare tempo, in un momento in cui le Forze armate federali stanno riconquistando la r egione russa di Kursk, da agosto in mano agli ucraini, e stanno mettendo in difficoltà un po’ ovunque i militari di Kiev? Oppure Mosca è conscia che arrivare a firmare un accordo di pace duraturo è troppo complicato, quindi vengono posti tutti i possibili bastoni tra le ruote di un futuro negoziato? Da giorni i «propagandisti» federali parlano di «tranello» ordito dagli occidentali in cui Putin non deve cadere. Il partito trasversale della prosecuzione del conflitto ha fatto sentire la sua voce più volte.
Gli accordi di Minsk
Entrando nei dettagli di un futuro negoziato, Trump sta seguendo la stessa strada già percorsa per gli accordi di Minsk del febbraio 2015, quando – in cambio dello stop alle operazioni militari in Donbass – Putin incassò dagli occidentali la conferma definitiva della costruzione del gasdotto Nord Stream 2 sotto al Baltico – edificazione che significava far perdere peso geopolitico all’Ucraina sul cui territorio transitava allora circa l’80% delle forniture di gas russo all’Ue. Adesso non si sa cosa il capo della Casa Bianca possa offrire a Putin in termini di business. Il comune sfruttamento dell’Artico? Trump sa bene che il Cremlino non è disponibile a concessioni geopolitiche. Esempio: garanzie di sicurezza a Kiev o presenza di truppe occidentali in Ucraina. Ecco perché si parla finora di business, di progetti e di soldi.
Il conflitto congelato
Ma cosa succederà alle regioni ucraine, ora totalmente o parzialmente in mano russa? Kiev è disposta a rinunciarvi? Si andrà verso lo scenario di un nuovo «conflitto congelato»? La Russia non se la passa affatto bene dal punto di vista economico, finanziario, logistico. Oggi ha difficoltà anche a trovare volontari per il fronte e a produrre altre armi. Le sanzioni la stanno stritolando. Ecco perché, a margine dei colloqui ufficiali, vi sono contatti ufficiosi in cui si discute dell’alleggerimento della morsa occidentale. Nessuno è in grado di capire quanto denaro in contanti vi sia realmente nelle casse federali. E poi le incursioni dei droni ucraini fanno male alle infrastrutture energetiche russe. Putin vuole la pace? Questa è la vera domanda a cui nessuno – forse nemmeno lo stesso capo del Cremlino – è ora in grado di rispondere. Dipenderà forse dalle circostanze e dalla possibilità di Putin di poter mantenere una futura solida narrativa presso la propria opinione pubblica.
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