Tra Russia e Occidente
il dialogo è possibile

Le «linee rosse» sono state ora definite. Guai a superarle: le conseguenze potrebbero essere devastanti. Benvenuti nella nuova «Guerra fredda» 2.0, destinata all’apparenza a durare a lungo. Dopo settimane di intensa bufera - segnate da imponenti manovre militari alle frontiere, dichiarazioni aggressive fino all’accusa personale o insulto tra capi di Stato, scandali spionistici in serie - si osserva una pausa nel duello tra Russia ed Occidente. La voce delle diplomazie è tornata a farsi sentire, i leader si parlano finalmente con un linguaggio più cauto.

La pandemia ha nascosto agli occhi delle opinioni pubbliche la gravità di quanto stava accadendo: il vecchio continente ha vissuto di recente una mini-crisi di Cuba. Ad un certo punto si è temuto che lo scontro militare fosse inevitabile. «Non è una zuffa di strada in cui colpire per primo. Nelle guerre muoiono milioni di persone», ha dichiarato il presidente ucraino Zelensky, rivolgendosi al collega russo Putin, con lo scopo di rompere una spirale diventata sinistra. Il Cremlino aveva ammassato minacciosamente alla sua frontiera occidentale la più imponente forza mai vista da Nato e Unione europea dal 2014, dai tempi dell’annessione della Crimea e dallo scoppio del conflitto in Donbass. Questa volta, però, l’Occidente non sembrava intenzionato a girarsi dall’altra parte come fece sette anni fa, mentre politici russi di primo piano parlavano di «distruggere» lo Stato ucraino.

Con conti arretrati in sospeso con il capo del Cremlino, Joe Biden ha dettato la nuova condotta: rispondere colpo su colpo dopo che Mosca, secondo Washington, per troppo tempo si era permessa «interferenze» elettorali e «attacchi cibernetici». Con tutti gli onori il ministro degli Esteri di Kiev è stato così accolto alla sede dell’Alleanza atlantica. Allo stesso tempo è stato ribadito che l’adesione alla Nato è un punto di approdo finale per la Repubblica ex sovietica, mentre la consegna in gran segreto di armamenti anti-tank Usa ha toccato ritmi mai visti. Contemporaneamente all’appello di Zelensky due rametti d’ulivo sono stati branditi. Il primo dalla Cancelliera Merkel che ha reso noto di essere favorevole alla costruzione dell’ultimo tratto del gasdotto Nord-Stream 2, uno dei progetti che stanno maggiormente a cuore al Cremlino. Il secondo dallo stesso Biden, che, dopo aver chiamato al telefono Putin, l’ha invitato al summit da lui organizzato sul clima, dando anche la disponibilità ad incontrarlo. Dopo poche ore le esercitazioni militari federali sono terminate clamorosamente anzitempo e Vladimir Putin ha parlato delle «linee rosse» nelle relazioni internazionali, in breve Mosca non vuole interferenze in casa propria. La ciliegina sulla torta è stata poi l’annuncio della fine dello sciopero della fame da parte del dissidente Navalny, ora curato in ospedale, e la non repressione con la forza della manifestazione a suo sostegno da parte della polizia.

Adesso l’obiettivo è portare Putin a negoziare in campo neutro. Detto di Biden pronto a vederlo, forse in Finlandia, Zelensky vorrebbe incontrarlo in Vaticano per trovare una soluzione alla crisi ucraina. Anche il turco Erdogan si trova in difficoltà: gli Usa non solo hanno riconosciuto il genocidio armeno, ma Biden vuole pure parlargli a quattr’occhi a giugno alla Nato. Washington è irritata dall’acquisto da parte di Ankara dei sistemi russi anti-aerei S400. D’incanto la Turchia ha consegnato a Kiev numerosi droni, vincenti in Libia e nel Nagorno-Karabakh. Il tempo di mettere il piede in due scarpe è finito. Anche la Cina è stata avvertita.

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