Tra ricchi e poveri distanze scandalose

MONDO. In questa epoca di grande disordine ci sono uomini così ricchi da potersi concedere una «passeggiata» nello Spazio.

Come il 41enne miliardario americano Jared Isaacman, che nel febbraio 2021 annunciò di aver acquistato un volo di tre giorni a bordo del veicolo «Crew dragon resilienceche» con il quale poi si spinse insieme all’equipaggio a 1.400 chilometri dalla superficie terrestre. Ci sono invece uomini così poveri da dover sopravvivere con meno di 1,90 dollari al giorno. I due fatti non vogliono istigare considerazioni populiste ma fotografano un’evidenza: la post-modernità ha consegnato all’umanità invenzioni inimmaginabili fino a poco tempo fa, come l’Intelligenza artificiale, brevetti in campo scientifico e farmaceutico che hanno indubbiamente migliorato la vita della maggioranza delle persone. Un progresso che però non è riuscito a sollevare dalla povertà più nera i «reietti».

La globalizzazione nella fase virtuosa ha migliorato le condizioni di vita di milioni di abitanti della Terra: secondo l’Onu, nel 1981, circa il 42% della popolazione mondiale viveva con meno di 1,90 dollari al giorno (la precedente soglia di povertà estrema, che nel 2022 è stata portata invece a 2,15 dollari). Oggi questa percentuale si attesta attorno al 10%, nonostante la crescita della popolazione globale.

Le pecche della globalizzazione

Ma la stessa globalizzazione con il tempo ha mostrato le sue pecche, allargando la forbice fra ricchi e poveri all’interno degli Stati. L’ong (organizzazione non governativa) «Oxfam», impegnata contro la fame nel mondo, in occasione dell’apertura dei lavori del World economic forum in corso a Davos in Svizzera, ha presentato uno studio dal quale emerge come nel 2024 la ricchezza dei miliardari sia cresciuta, in termini reali, di 2mila miliardi di dollari, pari a circa 5,7 miliardi di dollari al giorno, a un ritmo tre volte superiore rispetto al 2023. Allo stesso tempo il numero assoluto di chi vive sotto la soglia di povertà, che «Oxfam» indica in 6,85 dollari al giorno, è oggi lo stesso del 1990, poco più di 3,5 miliardi di persone. Alle tendenze attuali, stima l’ong, ci vorrebbe più di un secolo per portare l’intera popolazione mondiale sopra quella soglia. Anche il rallentamento del tasso di riduzione della povertà estrema (chi non dispone di risorse superiori a 2,15 dollari al giorno) tende a consolidarsi, allontanando l’obiettivo di eliminare la povertà globale entro il 2030. Invece secondo il più recente rapporto della Caritas italiana, il 9,7% dei nostri connazionali sopravvive nella povertà assoluta (5,5 milioni di persone, oltre 2 milioni di famiglie).

Il ruolo della politica

Di fronte a questi dati, la politica dovrebbe approfondire le cause di una situazione che negli ultimi anni è andata deteriorandosi, in un dibattito libero da ideologie non più attuali. Sussidi e aiuti sono indispensabili per «tenere a galla» chi non ha reddito ma la povertà si intreccia con un altro grande tema, quello del lavoro. Avere un posto, come dice la parola stessa, non è solo garanzia di uno stipendio (peraltro può non bastare se il lavoro è povero, cioè poco remunerato) ma di una posizione che garantisce dignità alla persona: guadagnarsi da vivere, essere utili e non mendicare un soccorso, richiesta che può risultare umiliante.

Tre evidenze colpiscono fra le altre. Oggi, in seguito alla finanziarizzazione dell’economia, è possibile fare soldi con i soldi, con le rendite patrimoniali. Proprio Jared Isaacman, l’«uomo spaziale» che nel frattempo Donald Trump ha nominato a capo della Nasa, è diventato miliardario grazie alla sua azienda di elaborazione dei pagamenti digitali «Shift4 Payments». E poi il costo di merci sganciato dal loro effettivo valore sulle quali specula la finanza, anche per beni vitali come gas e cibo. Le società ricche inoltre sprecano in modo dissennato: secondo la Fao, nel mondo ogni giorno vengono gettati un miliardo di pasti. Viviamo in un tempo iniquo: non chiamatelo progresso.

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